
Le consonanti hanno molta influenza sulla emissione delle vocali e perciò il loro studio non è meno importante di quello dell’emissione delle vocali stesse.
Le consonanti hanno molta influenza sulla emissione delle vocali e perciò il loro studio non è meno importante di quello dell’emissione delle vocali stesse.
Il canto non risponderebbe alle esigenze dell’arte se una composizione musicale mancasse della espressione a lei conveniente, ovvero ne avesse una male appropriata.
Per l’emissione di tutte le vocali, la bocca dovrà conservare la sua forma ovale come per la vocale O, e negli esercizi d’impostazione devono venir adoperate tutte le vocali senza preferenza alcuna. In seguito, nei vocalizzi, si potrà limitare alquanto l’impiego della vocale U.
Stabilire la posizione che deve avere l’organo vocale nell’emissione di una vocale-nota qualunque, significa trovarle il posto esatto dove essa ha la massima risonanza…
I progressi degli scolari dipendono più dalla cura coscienziosa portata negli studi, che dal numero di ore impiegate nell’esercitarsi, ma conviene aggiungere che, per non rendere infruttuosa questa affermazione, è necessario prendere anche una via di condotta molto razionale, per quanto riguarda l’ordine degli esercizi.
Pe mantenere in buone condizioni l’organo vocale e per potersi lungamente servire di questo prezioso strumento, il cantante non dovrà aspettare i malanni per curarli poi; egli cercherà bensì di evitarli e di prevenirli coi mezzi suggeriti dall’igiene.
Non ho la pretesa che un cantante, studiando questo mio libro riesca meglio di quello che potrebbe studiandone un altro, però credo che per l’ordine dello studio, per il modo con cui ho esposto le nozioni dell’impostazione e dell’emissione della voce, e in generale per i principi sui quali ho basato lo studio del canto, possa essere utilissimo, in ispecie agl’insegnanti, e servire come guida nell’educazione della voce.
Niuna cosa inanimisce più ad offerire altrui eziandio i piccioli doni che la gratitudine di chi talora si è degnato riceverli. V. S. Illustrissima si compiacque sempre di favorire e gradire non dirò i doni…
Dal rapporto dei suoni con la voce hanno origine i registri. Molte e varie sono le definizioni dei registri, perché è molto più facile rendersi ragione del fatto che non riassumerlo in poche parole.
Nell’accingersi ad educare una voce, oltre all’applicare tutti i precetti e le norme che ho fin qui esposto converrà analizzarla con accurati studi di osservazione per farsi un concetto esatto di tutte le qualità, buone o cattive, che essa voce possiede al fine di sottoporla a quel trattamento che più le si conviene per svilupparla e correggerne i difetti.
Per quanto riguarda la formazione delle vocali in relazione al canto, devo evidenziare un fattore estremamente importante: l’assoluta necessità di concepire mentalmente e anticipatamente la vocale con il suo colore o timbro, in forma pura o modificata, che si desideri produrre.
Parlando del timbro, abbiamo già notato che il discendere della laringe facilita l’emissione delle note acute e il rialzarsi quello delle basse. Da questi movimenti della laringe, derivano pure le note aperte e chiuse, per le quali si fanno tante questioni non sempre appropriate.
Tutti i celebri cantanti del passato non italiani come Sims Reeves, Charles Santley, Emma Albani, Marcella Sembrich, Nellie Melba, Victor Maurel, Marcel Journet, Dinh Gilly ed altri.
Prima di passare allo studio dell’emissione e dell’impostazione della voce, saranno necessarie alcune considerazioni sul suono naturale prodotto dall’organo vocale.
Cos’è un registro vocale? Nient’altro che un’estensione, un ambito vocale; una successione di suoni cantati in un certo modo che sono prodotti da una particolare posizione degli organi vocali, come laringe, lingue, palato.
La voce di testa costituisce per il suo valore il più grande tesoro per tutti i cantanti.
Avendo io composto in musica in stile rappresentativo la favola d’Euridice e fattala stampare, m’è parso parte di mio debito dedicarla a V. S. Illustrissima, alla quale io son sempre stato particolar servitore, e a cui mi truovo infinitamente obbligato.
Il cantante eviterà di esercitarsi durante la digestione, perchè, 1. stonerebbe; 2. s’esporrebbe ad un’indigestione; 3. getterebbe un disordine grande nella circolazione.
Non infastidirò il benevole lettore con una descrizione analitica delle parti formanti gli organi vocali e respiratori. Nello stesso modo che poco importa all’istrumentista l’indagare quali sieno le cause della formazione fonica del suo strumento, così pure il cantante può evitare l’inutile e fastidioso studio della conoscenza scientifica ed anatomica dell’apparato vocale.
Un moderato ed acconcio uso di esercizi corporei riesce non poco giovevole al cantante, al comico, all’oratore. Sventuratamente, nell’esercizio della nostra carriera, abbiamo avuto spessissimo occasione di osservare, che un gran numero di artisti…
Non vi ha alcuna ragione per cui durante il periodo della muta della voce non si debbano continuare gli esercizi di canto, purché si usino le debite cure.
Generalmente parlando, allorché ci accorgiamo che la voce incomincia a mutarsi, i maestri di musica sogliono, la maggior parte, sospendere qualunque esercizio, ed anche proibiscono ai loro allievi di cantar soli.
Cantar di petto è la sola emissione che deve adottare il cantante teatrale, siccome la più corretta e la più naturale, benchè forse la più rara; ciò proviene dalla poca cura che hanno generalmente i maestri d’insistere abbastanza nello studio primitivo della semplice emissione vocale, fintantochè non sieno sicuri di aver procurato il vero punto d’appoggio, alla voce loro affidata.
Fino adesso non ho accennato che alla vocale A per lo studio della voce; e siccome il canto deve adattarsi a parole ove le cinque vocali vengono costantemente rappresentate, prima di passare allo studio complessivo della pronunzia, bisogna potersi rendere conto dell’emissione particolare ad ogni vocale.
Una volta che il cantante abbia acquistato questi due essenziali punti di partenza, cioè l’appoggio della voce e l’unione de’ suoi registri, potrà dirsi di già ai due terzi del suo cammino giacchè il rimanente non richiede che poca fatica essendo soltanto uno studio meccanico che riposa unicamente sulla pratica dei principii già enunciati.
Quando più grandi sono gli sforzi fisici per costringere il suono e per trattenerlo, tanto peggiori saranno le conseguenze. Per la maggior parte degli sfortunati cantanti il risultato sarà la perdita della voce!
Una volta che il cantante avrà superato separatamente tutte le difficoltà che presenta lo studio della voce si dovrà dedicare allo studio del vocalizzo, che altro non è che l’applicazione simultanea di tutti i principii formanti la base del canto.
Altrettanto è avvenuto della voce. Destinata alla manifestazione delle idee per mezzo del semplice discorso, essa mercè la sua bellezza originò il canto, il quale consuonando e rispondendo alle interne emozioni della psiche, fu adoperato come espressione artistica dell’affetto, dando luogo ai diversi sistemi musicali delle passate generazioni.
L’apprendimento della tecnica artistica è sempre legato all’esagerazione. Ma il suo scopo è quello di far cogliere i propri sentimenti più delicati e profondi (tanto più profondi, quanto più complessi) alla più ampia platea.
Nessun organismo ha tanta affinità colla voce quanto l’apparato della generazione. Difatti si vede che appena l’uomo entra nell’età della pubertà, l’organo vocale subisce un’intera rivoluzione; qui è d’uopo consigliare a’ giovani che hanno idea, o speranza di lanciarsi nella carriera teatrale, di astenersi da qualunque studio vocale prima che la natura non abbia compiuto il suo travaglio; trasgredire questa legge di natura potrebbe avere per risultato di perdere per sempre il dono di una bella voce.
L’azione del canto, mettendo le parti dell’apparato vocale in uno stato quasi costante di irritazione, il cantante dovrà aver cura, dopo aver cantato, a non esporsi all’azione dell’aria esterna, se non dopo preso alcun momento di riposo: spesse volte la raucedine proviene dall’aver trascurato questa semplice precauzione; vi si dovrà badare con maggiore cura ancora nelle stagioni rigorose.
Giova premettere anzitutto che per accingersi allo studio del canto è mestieri possedere tutti i requisiti necessari. Il detto che per cantare basta aver voce è un’asserzione inesatta. Sarebbe come se si dicesse che per studiare il pianoforte basta possedere mani adatte.
Capita assai di rado che così tanti autorevoli nonché indispensabili presupposti si trovino tutti riuniti in una sola persona come nel mio caso. Sono figlia di una coppia di cantanti; mia madre, in particolare, era musicalmente molto dotata: non soltanto è stata a lungo attiva come cantante d’opera, ma anche come virtuosa dell’arpa
Che cosa percepisco? Come faccio a controllare i miei muscoli fonatori? Nella zona media della tessitura di ogni voce, il miglior posizionamento della bocca e il controllo per il lusso corretto dei muscoli fondatori si hanno, per esempio, quando pronunciamo una e molto netta e cerchiamo di mantenere tale posizionamento anche dopo che abbiamo finito di articolarla.
Plaudiamo toto corde a quanto hai scritto sul nostro Teatro lirico afflitto e malato. Sulle sue disfunzioni anche noi abbiamo scritto con lo stesso coraggio e lealtà nei tempi non lontani né facili e con il risultato di sentirci odiati e stranieri in Patria.
Giacché sopra la laringe spetta alla lingua condurre la colonna di fiato verso le aree di risonanza, l’attenzione rivolta a essa e alla sua posizione, sia nel parlato sia nel canto, non sarà mai troppa. A seconda che sia troppo alta o troppo bassa, la lingua può cambiare il suono in maniera significativa e può schiacciarlo fino a comprometterlo del tutto se preme sulla laringe.
Perciò chi aspira al canto rifletta seriamente sulle sue possibilità vocali ed artistiche, poiché la carriera sarà piena di gioie e di splendide emozioni, se vi sarà veramente la voce e l’istinto del canto; ma sarà una tormentosa esistenza per colui che avrà la voce incerta e sarà privo di talento artistico.
Bisogna permettere una distinzione fondamentale, fra i compositori antichi e i moderni. Considerando per antichi, s’intende, quelli vissuti e operanti per tutto il secolo scorso, quando cioè avevamo in Italia una grande abbondanza di compositori ma anche di esecutori di eccezione.
Il presente opuscolo non è, ne può essere un «trattato di canto», ma può soltanto definirsi facile guida per chi vuole dedicarsi al canto o alla conoscenza di esso e per il raggiungimento dell’appoggio vocale libero, naturale.
Ho già posto la distinzione fra cantante ed artista ed è necessario partire da questo dato di fatto per orientarci nel seguito della nostra disamina.
Sotto questo profilo, il miglior cantante del periodo berlinese di cui mi ricordi e Theodor Wachtel. Con la sua voce magnifica riuniva in sé tutta l’Arte del canto che oggi sembra essere scomparsa. Quanto erano belle le sue colorature; i suoi trilli erano semplicemente impeccabili. Fraseggio, potenza, pienezza del suono e bellezza erano perfetti, musicalmente irreprensibili.
Se si potesse applicare alla lettera questa domanda ne guadagnerebbe certamente la longevità artistica di ogni cantante. Perché indubbiamente il fuoco sacro che accende e alimenta la nostra passione ci rende desiderosi e direi quasi impazienti di ampliare il nostro repertorio, allargando il più possibile la nostra sfera di azione e di interpretazione.
La vecchia scuola di canto italiana che fin dal suo inizio, verso il 1600, per quanto si dica, trattava questo studio con giusti criteri scientifici, ci ha dato troppi preziosi consigli perchè io abbia la pretesa di dire cose nuove.
L’agilità un requisito essenziale per l’artista di canto, sia dal punto di vista della elasticità e morbidezza della voce, sia da quello del canto di bravura.
Il dì 26 del passato febbraio, nella discussione sul bilancio di prima previsione del Ministero della pubblica istruzione, l’onorevole Bovio pronunciò alla Camera un discorso in favore dell’arte musicale.
In quanto poi alla spontaneità ed alla larghezza delle nostre vocali, nessuno potrà certamente negarlo, ma bisogna pur convenire che, in ogni tempo, il canto fu degnamente trattato anche da idiomi ben diversi dal nostro, e dove si rinvengono più numerose vocali, meno spontanee e meno aperte.
Anticamente, un solo maestro dirigeva la educazione del cantante, e quindi se non s’impiegavano metodi scritti o stampati, secondo asserisce il Signor Coletti, lo studio seguiva nondimeno un ordine regolare ed uniforme, per la ragione appunto che l’insegnante era uno solo.
Non affrettarti verso il debutto, è meglio aspettare così che potrai cantare per molti anni. Dal debutto dipende la tua lunga o breve vita artistica, quindi poni tutta l’attenzione su quello che ti dico. La paura ti dimostrerà che non sei sicuro di quello che farai al tuo debutto. Questo sentimento, ovviamente, ti dimostrerà che non sei pronto.
Il repertorio Wagneriano ha bisogno di cantanti specializzati; voglio dire che se non ti dedichi esclusivamente al suo repertorio, non lo devi cantare fino a che non avrai qualche anno di esperienza, perché è molto centrale e finisce con il registro acuto e questo registro è – non dimenticarlo! – quello che fornisce grandi soddisfazioni e soldi.
Prima bisogna individuare e analizzare gli elementi dei quali si nutrisce l’entusiasmo del pubblico. Soltanto allora si può comprendere come non vi sia, in massima, pubblico refrattario al vero e profondo entusiasmo, il quale tuttavia si esprime in maniera diversa a seconda dei vari temperamenti e in rapporto alle ragioni che lo ispirano e lo determinano.
Un passo che tutti debbono compiere, e che anzi tutti anelano di compiere il più presto possibile; in un’impazienza che corrisponde, in genere, anche alla generosa audacia dei debuttanti, ma che mette quasi sempre in contrasto fra loro gli scolari e i maestri.
L’anno seguente fui ancora chiamata al Lirico da Sonzogno per la creazione di Fedora di Umberto Giordano. Quando si diede a Roma per la prima volta Cavalleria Rusticana, Umberto Giordano era uno dei giovani concorrenti che più si era distinto nel Concorso e per il quale Sonzogno aveva molta deferenza.
È errore credere che gli studi tecnici sull’istrumento vocale possano inceppare la spontaneità dell’ emissione del suono.
Ai cantanti che si dedicano ai concerti raccomando di non gesticolare mai: il gesticolare durante i singoli pezzi è di pessimo gusto, non solo, ma dà fastidio all’ascoltatore.
Ogni volta che Edoardo Sonzogno aveva un’opera de lanciare ero io l’artista che egli prediligeva per farne la creazione. Mi scrisse proponendomi delle recite al Lirico della Saffo di Massenet, che si doveva dare in Italia per la prima volta, dopo il successo all’Opéra Comique di Parigi con Emma calvé protagonista.
Nella musica moderna v’è il cosiddetto “declamato”, che è poi, a parer mio, un’inutile accumulazione di parole su parole. Mentre prima, in una melodia vocale si esprimeva nelle sue linee il significato compiuto del discorso verbale…
Squinzano è un piccolo centro alle porte di Lecce, famoso per il suo vino. Ma per gli Schipa è sempre stato sinonimo di famiglia Blasi, altri amici della primissima ora e pronti al sostegno, all’incoraggiamento, all’aiuto. Il farmacista di Squinzano era un Blasi, Nicola, per gli intimi “Cocco”. Sua cugina Rosa era fidanzata al Maestro Giuseppe D’Elia, e questo rese la famiglia testimone di un’altra tappa fondamentale nel cammino di Tito.
Tornati in Europa, cominciarono le stagioni attraverso i più grandi teatri, sempre a fianco del mio illustre compagno e maestro, e, modestia a parte, posso accertare che camminavo anch’io di trionfo in trionfo…
Mi hanno chiesto spesso del modo in cui studio i ruoli. Supponiamo che si tratti della parte che amo tanto, quella del Werther. Quando l’impresario mi fece balenare per la prima volta la possibilità di interpretare questo personaggio, ne fui deliziato.
Toto Cotogni ebbe l’onore di cantare tale opera innanzi al Rossini, allora dimorante a Passy ed a cui fu presentato dal tenore Baragli.
Il grande maestro – mi raccontava il Cotogni – era in pantofole e co la camicia sbottonata su cui era sparsa una mezza scatola di tabacco.
La sera dell’11 marzo 1867 Toto Cotogni sedeva al teatro dell’Opera di Parigi per assistere alla prima rappresentazione del Don Carlos, ch’egli stesso avrebbe dovuto cantare nell’ottobre a Bologna, prescelto, come si è detto, dal Verdi e scritturato dallo Scalaberni.