
Avendo io composto in musica in stile rappresentativo la favola d’Euridice e fattala stampare, m’è parso parte di mio debito dedicarla a V. S. Illustrissima, alla quale io son sempre stato particolar servitore, e a cui mi truovo infinitamente obbligato.
Plaudiamo toto corde a quanto hai scritto sul nostro Teatro lirico afflitto e malato. Sulle sue disfunzioni anche noi abbiamo scritto con lo stesso coraggio e lealtà nei tempi non lontani né facili e con il risultato di sentirci odiati e stranieri in Patria.
Se vi ha qualche cosa che possa lusingare il mio amor proprio, si è quest’invito a Direttore del Conservatorio di Napoli che, per mezzo vostro, m’inviano i Maestri dello stesso Conservatorio ed i tanti musicisti della vostra città. È ben doloroso per me non poter rispondere, come io desidererei, a questa fiducia; ma colle mie occupazioni, colle mie abitudini, coll’amor mio alla vita independente, mi sarebbe impossibile di sobbarcarmi ad un impegno così grave. Voi mi direte: “E l’arte?”