Heinrich Panofka:
Considerazioni generali V
Del danno di abituare gli allievi di canto a battere con la mano quando cantano.
Il sentimento del tempo e del ritmo è innato nei buoni organismi musicali; ma non tutte le persone che sono dotate di bella voce hanno buon organismo musicale e peccano spesso, sia nella parte del senso ritmico, sia del senso uditivo. Coloro ai quali dunque il loro orecchio fa difetto di delicatezza e di finezza, stuoneranno, più o meno, tutto il tempo della loro vita: ci sarà facile citare ad hoc dei nomi celebri. Le persone che sentono con difficoltà il tempo, sono suscettibili di un qualche miglioramento; ma saranno sempre incerte e lo sbaglieranno più d’una volta; specialmente nei pezzi d’insieme.
Quello che poi è imperdonabile, è l’assurda maniera di fare battere il tempo con la mano ai poveri scolari, quando studiano il solfeggio: e come se non fosse bastantemente crudele il farli pronunziare il nome di note che non cantano,1 si aggiungo ancora a questo barbaro insegnamento un nuovo mezzo per far fare ad essi dei movimenti di testa, di braccia e di piedi; mentre cantano tutto diversa mente da quello che è scritto nella carta che hanno davanti ai loro occhi.
Lo scolaro, quando canta un pezzo a quattro tempi, vede bene questa distribuzione dalla carta come vi vede le note. Lo strumentista che deve vincere il meccanismo del piano forte, del violino, del flauto per il quale bisogna, oltre a quello delle dita, un calcolo esatto della respirazione (come pure il cantante ), non può nè pronunziare le note che eseguisce, nè battere il tempo con la mano: ed allora lo fa qualche volta con il piede, cosa non bella a vedersi, e nociva alla esecuzione. Perchè dunque si obbliga lo scolaro cantante a ricorrere a questo falso ausiliario? E chiaro che il tempo si sente nella mente, dove è la sede della nostra intelligenza: ora, riproducendolo con la mano, si riprodurrà tale quale si sente: se si sentirà in falso, si batterà in falso; se al contrario si sentirà com’è realmente, è inutile batterlo.
Spetta al maestro di venire in aiuto dello scolare, e di battergli il tempo là dove egli può avere qualche complicanza per il cambiamento subitaneo, o del tempo o del ritmo. Bisogna qui, come nello studio delle note, procedere con lo studio mentale. Sarà dunque utile che lo scolaro conti mentalmente la parte del vocalizzo o del pezzo che deve studiare; che si familiarizzi mentalmente altrettanto col tempo che col ritmo e coll’intonazione: allora non avrà mai bisogno dello sconcio mezzo di battere il tempo con la mano.
Testo estratto da Voci e cantanti, Ventotto capitoli di considerazioni generali sulla voce e sull’arte del canto, Enrico Panofka, Firenze, 1871. – Luca D’Annunzio.