Riflessioni sull'arte del canto

Giovanni Manurita:

Canto naturale, canto libero – Parte I

Preambolo

Agli artisti lirici ma specialmente ai giovani aspiranti al Teatro Lirico, mentre abbondano innumerevoli teorie sulla voce tutte tra loro contrastanti e con conseguenze più o meno deleterie, poche norme elementari sull’organo vocale, respirazione, sulla emissione ed appoggio della voce, sulla fisiologia della voce che non solo i cantanti ma anche gli oratori, predicatori, dicitori, attori di prosa ecc. ed amanti della sublime arte del canto dovrebbero conoscere e praticare: di esse norme (o consigli), alcune non hanno certo la pretesa della originalità (troppi mi hanno preceduto nel tempo e nella enunciazione), altre sono frutto di lunga esperienza professionale artistica e didattica.

È d’uopo cantare secondo natura, con la voce libera; la natura, infatti, ci ha creato in un certo modo e noi, senza avvedercene, a poco a poco da essa ci allontaniamo, deformando la nostra voce naturale: è duopo ritornare alla natura, al suo metodo, che, però, per non essere nellempirismo, deve poggiarsi su precetti e principi fondamentali.

Non a caso ho voluto illustrare la copertina del presente opuscolo con un usignolo nel suo naturale e libero atteggiamento di canto.

Considerazioni sulla decadenza del canto

Un ideale rapidissimo volo di esplorazione sulle magiche officine del canto, dove si forgia o si distrugge il prezioso materiale canoro umano e si entra col cuore estasiato e pieno di sublimi speranze, per uscirne, spesso, con lanima distrutta e sanguinante; sul magico ed allettante paese del canto dalle strade di velluto, che si trasformano, molte volte, in Calvario dove la meta è sempre una Croce; dove un passo raggiunto lascia unimpronta di lacrime; dove l’ostacolo sempre più si ingigantisce quale valanga in precipizio, e gente senza scrupoli e senza coscienza aiuta per distruggere, sfrutta per godere!

Della decadenza del canto, molteplici sono le ragioni, ma, di esse, alcune non sono giustificabili né tanto meno più oltre tollerabili. Bisogna intervenire con energia ed oculatezza, mentre noi stessi dobbiamo essere i «vigilanti custodi» di un tesoro che ci ha resi primi ed insostituibili nel mondo; intervenire, suggerire, sanare prima che sia troppo tardi! La calata degli artisti lirici stranieri nel nostro Paese, alcuni dei quali, bisogna riconoscerlo, in possesso di una preparazione artistico-vocale rispettabilissima, ci deve fare riflettere seriamente. I nostri migliori artisti di canto divenuti maestri, per non essere costretti all’inedia nel loro Paese, si allogano in un altro e vi creano scuole di canto; di là ci inviano i loro allievi americani o paupasiani. In Italia non rimane che qualche povero ed onesto maestro attaccato alla Patria dorigine ed uno stuolo di sedicenti maestri di canto che (con debite eccezioni), nella maggior parte provengono da artisti mancati, o dal diploma di insegnamento di canto. I veri cantanti sono sempre più scarsi perché si studia poco o si studia in fretta e male; i giovani oggi vogliono arrivare subito (ed arrivano purtroppo facilmente) ai grandissimi teatri (Enti autonomi) dove presto sfiancano la loro promettentissima voce che si rompe e si estingue in brevissimo spazio di tempo: complici in tutto questo, i cattivi maestri e gli speculatori teatrali, che sono i più grandi nemici del giovane cantante: basta ad essi una voce dotata di pochi acuti più o meno buoni, per effettuarne l’accaparramento e sfruttarla fino alla completa rovina. Quante laringi rovinate annualmente!

L’aspirante al canto, se ha la fortuna dincappare nel buon insegnante onesto e capace, accoppi la voce allo studio serio lungo e paziente; riuscirà certamente se saprà e potrà aspettare, se avrà lintelligenza di adoperare con discernimento la voce e, specialmente, se, resistendo ad allettanti proposte, si lascerà avviare al piccolo teatro di provincia, dove il pubblico non va a teatro per snob, ma per cordiale amore dell’arte; dai teatri di provincia e nei teatri di provincia non sono venuti forse e si son fatti i più grandi artisti lirici nostri? Io personalmente auspico una disposizione di legge che inibisca al giovane cantante l’accesso al grande teatro (Ente autonomo) prima di un tirocinio artistico nel teatro di provincia non inferiore ai sette anni; sono certo che tante cose andrebbero a posto, mentre lo sfruttamento e la megalomania degli scopritori di giovani promesse scomparirebbero senz’altro, e l’Arte lirica italiana finalmente potrebbe fiducia sperare su elementi canori efficienti  e duraturi. Ritornando sull’insegnamento del canto, è necessario che esso lo pratichi solamente chi ha dovuto professarlo per vari lustri sulle scottanti tavole del palcoscenico, adattandolo alle interpretazioni più disparate e complesse. Non occorre per insegnare il canto, saper suonare il pianoforte, poiché il pianista saprà impartire lezioni di tecnica del suo strumento, la teoria della musica ed il solfeggio, ma non il canto.

Quale Commissario governativo in uno dei Conservatori musicali ho potuto per due volte constatare, con dolorosa sorpresa, che anche in questi Istituti, cosi come avviene generalmente nelle scuole private, si omettono del tutto insegnamenti anche elementari di fisiologia del canto, di anatomia vocale, di respirazione; per cui, ne deriva che il candidato all’esame di diploma di canto (didattico o professionale), ignora sinanco cosa siano le corde vocali e tanto meno ha mai sentito parlare di diaframma e di ventricolo di Morgagni. Ma come mai è possibile che uno possa adoperare uno strumento senza conoscerne la conformazione? Come potrà mai insegnare canto chi, pur diplomato non conosce nemmeno lontanamente la costituzione dellorgano vocale? Come potrà e saprà adoperare tale organo (che è anche suo) chi si dedica al canto, quando ne ignora completamente la struttura ed il funzionamento? Quando non conosce il sistema della respirazione e della risonanza e quindi di tutto il meccanismo della fonazione? Non basta che gli allievi ottimamente solfeggino o leggano a prima vista il pezzo musicale, è necessario invece, che anche preoccupandosi di dare alle note il loro giusto valore, essi sappiano come respirare, come emettere un suono e dove mandarlo, se non vorranno deformare e distruggere la loro natura vocale. È necessario distinguere quindi il maestro di canto dal maestro accompagnatore di solfeggio: al primo compete il compito vocale; al secondo quello musicale ed entrambi, in fraterna collaborazione facciano sì che l’allievo diventi nello stesso tempo buon cantante e buon lettore di musica solfeggiata e cantata. Il buon maestro di canto, pratico della struttura anatomica dellorgano di fonazione, alternerà le lezioni di essa con quotidiane esercitazioni di ginnastica di respirazione diaframmatica e muscolo facciale, tenendo presente che il cammino più diritto per raggiungere al più presto il bel canto è l’emissione fisiologica; l’organo vocale deve liberamente funzionare sotto la condotta ben regolata e naturale dell’articolazione e del fiato: questo solo permetterà tutta la libertà della muscolatura locale e generale e quella del corpo stessa, indispensabile alla precisione della espressione e del gesto. Gli allievi devono altresì conoscere elementi di fonetica-ortoepia (o retta pronuncia); chi non sa pronunciare bene, chi non sa dare il giusto suono e valore alle vocali e alle consonanti, chi non le sa distinguere e classificare, non potrà cantare bene; vi sono consonanti (ad esempio le: m, n, r) che aiutano lemissione vocale: altre, invece: p, b, s, z, che rendono meno agevole l’emissione stessa.

Tutto ciò deve conoscere, anche chi è costretto a parlare in pubblico, ad insegnare e recitare. Io stesso, quale insegnante, da ventanni, di Fisiologia della voce, Fonetica e Ortoepia, presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, ho potuto ottenere inaspettati risultati anche da soggetti che non erano certo in possesso di mezzi adatti al canto: e poiché questi allievi, per la professione cui desiderano dedicarsi (Teatro e Cinema) hanno anchessi necessità di migliorare il loro stato vocale, di portare cioè l’altezza della loro voce ad un certo grado, ed abbassarla in modo che anche sussurrandola, possa arrivare distintamente allorecchio dell’ascoltatore (richiedendo le varie fasi emotive del dramma elevazione e abbassamento di voce), ho, con discernimento, dovuto sottoporli ad esercizi vocali, modulati e cantati; muscoli facciali: addominali diaframmatici, con il risultato di sentire migliorata sempre più la loro condizione vocale, prima debole e quasi fioca.

Testo estratto da Canto naturale, canto libero…, Giovanni Manurita, Roma, S. D. – Luca D’Annunzio.

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