Beniamino Gigli:
Le vocali nel canto I
Tutti i celebri cantanti del passato non italiani come Sims Reeves, Charles Santley, Emma Albani, Marcella Sembrich, Nellie Melba, Victor Maurel, Marcel Journet, Dinh Gilly ed altri, non solo conoscevano la lingua italiana ma sapevano per esperienza che le cosiddette vocali italiane A, E, I, O, U (o meglio, le cinque vocali concepite e pronunciate dagli italiani) costituiscono la vera base della voce e del canto, cioè del Bel Canto. Tutti loro erano consci che per cantare bene è indispensabile un’approfondita conoscenza della lingua Italiana, così come parlata dagli stessi italiani. Una lingua che non conosce altri suoni vocalici che quelli menzionati precedentemente e che non presenta suoni nasali, gutturali e duri.
L’italiano parla con queste cinque vocali le quali si possono presentare nella loro forma pura o attraverso modifiche di colore, con il proposito di aumentare l’espressione ed accentuazione a seconda delle circostanze. Inoltre la concezione italiana di queste cinque vocali in relazione alla propria lingua parlata esige imperativamente che queste siano prodotte su base chiara e fluida.
Un buon cantante italiano – un prodotto della vera, l’unica e sola scuola – parla come canta. Queste cinque vocali che per ragioni di convenienza sono chiamate italiane o classiche, ma che di fatto si trovano praticamente in ogni lingua, sebbene non sempre con la medesima purezza di forma, colore e accentuazione propria dell’italiano.
Anch’io condivido l’opinione che il buon canto deve essere basato sulle cinque vocali A, E, I, O, U, nella loro forma più pura e nelle loro modifiche.
Testo estratto da The voice of the mind, Edgar F. Herbert-Caesari, Londra, 1951. – Luca D’Annunzio.