Riflessioni sull'arte del canto

Enrico Delle Sedie:

Dell’espressione e delle inflessioni

L’artista di canto non può esprimere colla dovuta verità i sentimenti della composizione musicale se non ha imparato a mettere le inflessioni della sua voce in armonia col pensiero.

Per giungere a tale risultato è d’uopo che la voce cantante acquisti la flessibilità della voce che parla; e tanto più è ciò necessario, in quanto la frase musicale va sempre subordinata alle regole inflessibili della melodia, della misura e del ritmo. L’attore può abbandonarsi liberamente alle proprie ispirazioni; l’artista melodrammatico no. Egli è vincolato dalla nota, e non è libero di esprimere come vuole le proprie passioni; deve piangere e ridere nella misura e nel tono che gli viene imposto, e deve moderare i suoi slanci nei confini segnati dal compositore. Sono ostacoli questi che non potrà mai vincere se non abbia mai fatto della sua voce una schiava la più obbediente.

Il melodramma non ha la continuità di dialogo e di scena proprie della recitazione. La cavatina, l’aria, la romana, il coro, il finale sospendono ad ogni istante l’azione per dar posto alla melodia ed all’armonia; le parole sono spesso ripetute, anche con diversi accenti musicali. Dal che deriva la necessità che l’espressione, il gesto, l’atteggiamento dell’artista melodrammatico abbiano misura e varietà, allo scopo di non cadere nella monotonia, nell’esagerazione o nel ridicolo. È con uno studio direi quasi sistematico, ch’egli deve prepararsi alla esecuzione della parte affidatagli.

Testo estratto da Arte e fisiologia del canto, Enrico Delle Sedie, Milano, 1876. – Luca D’Annunzio.

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