Enrico Delle Sedie:
L’importanza delle vocali
In quanto poi alla spontaneità ed alla larghezza delle nostre vocali, nessuno potrà certamente negarlo, ma bisogna pur convenire che, in ogni tempo, il canto fu degnamente trattato anche da idiomi ben diversi dal nostro, e dove si rinvengono più numerose vocali, meno spontanee e meno aperte. In generale, quando ascoltiamo gli odierni cantanti osserviamo che questi aprono talmente le vocali da rendere il suono eccessivamente chiaro, quasi fosse squarciato in mezzo alla strozza. Non sarebbe questa una perniciosa esagerazione dell’amore che ci ispirano le nostre vocali aperte?
Gli stranieri, anche nel tempo passato, cantarono in modo corretto il nostro idioma, e moltissimi potrei citarne. Mi limiterò nulladimeno alla Malibran ed alla Hungher per le quasi antiche; alla Stolz, Waldmann, Krauss e Fricci per le moderne; il Duprez, il Garcia e tanti altri non pronunziarono le nostre vocali senza esagerazione?
Il suono, per la voce, è costituito dalla vocale, e quindi ciascuna di esse racchiude in sè un colore proprio e conforme all’acutezza del suono; e però le vocali cambiano della loro condizione fonica a seconda della nota musicale, cui vengono applicate. Una delle qualità essenziali della corretta emissione della voce consiste appunto nello studio di queste gradazioni delle vocali.
L’osservanza analitica di queste relazioni foniche produce quella infinità di timbri, per mezzo dei quali si esprimono con verità le diverse emozioni dell’anima. Simile studio deve considerarsi quale condizione preliminare dell’educazione vocale, richiesta per formare un vero cantante. Il soggetto che ci occupa presentemente fu tenuto così importante da richiamare l’attenzione dei più lucidi ingegni del secolo; quindi non è in questo breve opuscolo che potremo estenderci su tale materia; basti solo per ora il dire che lo stesso Helmholtz scrisse una teoria completa sulle vocali.
Testo estratto da Riflessioni sulle cause della decadenza della scuola di canto in Italia, Enrico Delle Sedie, Roma, 1881. – Luca D’Annunzio.