Riflessioni sull'arte del canto

Giacomo Lauri-Volpi:

Punto archimedeo

La massima attenzione va rivolta, nello studio della voce melodica, alla ricerca del punto d’appoggio: il punto giusto di risonanza. Datemi un punto d’appoggio e vi solleverò il mondo. Sta tutto qui l’intervento della coscienza nel canto, al di sopra dei fenomeni automatici della fonazione.

L’uomo è dotato non solo di intelligenza e volontà, ma di un senso con il quale, oltre il suo corpo e gli altri corpi, se stesso e i suoi simili, sente nel suo intimo una “vis”, una radice che lo fa essere, sostenendolo come substantia, come punto d’appoggio, che gli dà impulso, slancio induttivo, per elevarsi al divino. Il mondo è superficie; Dio è radice, base, appoggio. La voce, per sostenersi, deve scoprirlo, entrando nel proprio fondo con criterio di evidenza e metodo intuitivo1.

Ond’è che l’osservazione, l‘esperienza, la disciplina non sono mai bastanti nell’indagine del fenomeno vocale, in continuo divenire intorno alla stabilità della coscienza. Tutta l’arte del canto deriva dalla ricerca del punto d’appoggio e delle risonanze; e l’arte della risonanza compendia lo studio delle varie parti del meccanismo sonoro. Essa consiste nell’abilità della distribuzione dei colori. Le sette risonanze corrispondono ai sette colori della luce e la tavola delle risonanze alla tavolozza dei colori. L’uso magistrale di questi fa il grande pittore, e similmente l’uso sagace delle risonanze fa il grande cantore, Il segreto del canto è tutto nella scoperta del punto giusto di risonanza.

Cosa curiosa, varî scienziati moderni della fonetica non hanno fatto alcun accenno al punto d’appoggio vocale. Che cos’è l’appoggio della voce, ossessione di discepoli e di maestri di canto ed enigma per la stragrande maggioranza dei cantanti? La difficoltà di trovare il giusto appoggio della voce è tale e tanta, che molte voci, anche celebri, si sono spente prima di trovarlo. È di necessità formare idee chiare nella mente dello studioso dei suoni vocali. Un’idea errata può giungere a demolire la voce piú sana e poderosa e a deviare l’intelligenza più attenta.

Il punto d’appoggio, in genere, è la stessa cosa che il punto d’attacco. E dov’è questo punto d’attacco? Qui sta la difficoltà. Ma, approssimativamente, si può asserire ch’esso corrisponda a un punto situato tra la radice della fronte, ove s’inserisce il setto nasale, e il margine delle fosse nasali. In tale regione vanno proiettati i raggi sonori provenienti dalla glottide, a patto che non se ne generi in suono nasale, sempre sgradevole quanto il suono gutturale e ventriloquo. Un esperimento semplice può rassicurare l’allievo. Basta stringere con due dita le pinne nasali durante la produzione del suono. Se questo s’interrompe, il suono è nasale; se, invece, non v’è soluzione di continuità nell’emissione fonetica, il suono resta tipicamente cervicale, ampio e timbrato, dovuto all’aiuto a alla pastosità delle risonanze superiori e all’appoggio diaframmatico della colonna d’aria. Nell’attacco si deve provare la sensazione di un colpo facciale interno, in corrispondenza della radice della fronte, all’inizio dell’atto volitivo espiratorio. Il “picchiettato” del soprano leggero dà un’idea di questo picchiare della prima nota emessa sulla campana della cavità palatina, che fonde la voce laringea e la voce melodica, associando in modo simultaneo le vibrazioni cordali ed aeree. Se non si conquista la massima libertà di propagazione delle onde, il suono si spezza. Il suono a campana provoca, appunto, l’armoniosa risonanza che richiama alla mente quella prodotta da un martello sulle pareti di una campana. Quelle pareti non presenteranno incrinature né contatti, e l’aria interposta, fra martello e parete, occuperà uno spazio libero. Il colpo, di sotto in su, è dato all’aria, nell’atto respiratorio, dalla contrazione del diaframma. Tra diaframma e vôlta palatina si determina cosí una elastica pressione aerea che dà il senso del mutuo appoggio fra gli estremi. L’elasticità di pressione, stabilito l’appoggio o contatto, determina l’adeguata uniformità e periodicità delle vibrazioni laringee e la graduale intensità dell’espirazione. Se quell’appoggio, quel colpo, quel contatto non avviene, il diaframma scatta a vuoto – come un pugile che, invece di colpire il bersaglio, assesti pugni all’aria, rischiando di slogarsi il braccio – e la voce laringea non trova la diritta via delle risonanze. La voce, a lungo andare, si smarrisce, falseggia e si perde, dissociandosi dall’articolazione e dalla sillabazione. La volubilità e la mobilità estrema dell’apparato fonetico umano – miscuglio d’aria, di muscoli, di nervi e di ossa – costituiscono la sua grande virtú e il suo periglioso difetto2.

Ma il punto giusto di risonanza è oggetto individualissimo, baleno per virtú di rivelazione. Insistendo sul ternario umano, si può considerare anima, o corpo etereo, la voce, corpo físico, la laringe; corpo stellare o essenza di spiritualità, la risonanza. Dall’armonia dei tre elementi nasce la personalità cosciente del cantore. Nell’ordine aereo delle risonanze la voce si conforma al modello percepito nell’ascolto spirituale.

Compito del cantore è tradurre nella voce la libera voce delle cose, in quanto risonanze d’un’idea musicale suprema, madre di infinite idee. Talché ogni cosa può esalare un’idea musicale.

Perché la voce umana sveli nel canto – ch’è passibile di tutte le trasformazioni – i disegni, le figure e i modi musicali infiniti, deve elaborare i suoni alla stessa maniera che la virtú del fuoco foggia, col liquido cristallo, involucri diafani che al piú lieve tocco generano vibrazioni varie ed echi armoniosi. In tal modo la voce può salire, imperturbabile, i pinnacoli della gamma e discendere fino alle modulazioni più ampie e meno intense e meno luminose delle note medie e inferiori. In tanta varietà di colori la voce riscatta le idee nascoste in signoria della materia e le restituisce alla libertà del movimento e obbedisce agli impulsi misteriosi di una volontà universale di nascimento e di divenire, che sente l’urgenza di rivelare la sua intima essenza melodica.

Il numero e il movimento sono i generatori dell’universo. Dal punto giusto d’appoggio – o punto archimedeo – si genera la voce musicale che nel numero e nel movimento si misura e modula. La voce melodica, prigioniera in quel frammento di materia ch’è il corpo umano, s’affida al soffio spirituale per redimersi dai gorghi della vita sensitiva.

Spirito, respiro, sospiro, soffio, aspirazione, espirazione, sono tutti modi altrettanto espressivi che riflettono l’idea dell’anima ancorata al suo punto di risonanza e di sostegno nella formazione della voce e nell’esercizio della vita essenziale. La causa materiale è l’aria, il fine è il suono, che si moltiplica in risonanza per tonali influenze. Trovato il centro delle risonanze, ch’è il foco di risonanza, si solleva un mondo d’armonia, il quale entra in accordo col centro melodico universale. Infocato, come si dice, il suono, la voce assume la forma senza peso del corpo stellare ed ha vita propria nello spazio, come riflesso della personalità del cantore. Il mistero del canto umano sta tutto nell’opera di trasformazione del suono canoro in energia, radiante del punto d’appoggio, centro della coscienza, centro di gravità spirituale, situato al rovescio di quello terrestre che è forzapeso e trascina in basso.

Assicurato il punto d’attacco e di contatto, la voce sonora è in grado di superare il passaggio fra le note medie e le superiori: passaggio ch’è il terrore di tutte le voci e che, scovato, costituisce la saldatura della compagine vocale. Ed è chiara l’idea del superamento dell’estrema zona intermedia, poiché in vista di quel passaggio, la voce è preparata al salto fin dall’attacco delle note inferiori che vengono collocate, intenzionalmente, oltre la vôlta palatina dentro le cavità facciali. Talché la saldatura avviene automaticamente ed il flusso dell’aria, per qualunque nota, è fatto passare per quella cavità. A misura che si sale nella tessitura, salgono le risonanze superiori fino a far vibrare il complesso dei cavi cervicali nella estrema regione acuta della voce cantata. In sostanza – e ciò è fondamentale – qualunque nota, a qualunque regione appartenga, va collocata in corrispondenza dei seni frontali in modo che, per simpatia, partecipino alle risonanze anche le cavità etmoidali sfenoidali mascellari nasali3. Collocata la prima nota le altre seguiranno sul filo del soffio che produce le meraviglie del cantar legato e del legar cantando. Una sola nota che devii da quel curriculum sbanda le ulteriori. E la frase musicale apparirà come un tessuto scucito.

Fissati così i concetti del punto di appoggio, di risonanza e del passaggio, si avrà un’idea essenziale della voce e sarà possibile esaminare, in particolare, gli organi che costituiscono il corpo vitale e fisico della voce e riguardano il fenomeno della respirazione e della voce laringea.

Si sente parlare con frequenza dei registri della voce. È un errore. Tale classificazione dà l’idea di inesistenti compartimenti stagni, di separazione o scissione della voce in tre frammenti. Al contrario, la voce, tecnicamente e naturalmente, è un tutto omogeneo. Non si tratta, in definitiva, di registri, ma di regione o settore grave medio e acuto, per indicare alla mente analitica i passaggi di sonorità da minore a maggiore frequenza di vibrazioni. La voce è il prisma puro di un brillante geometricamente precipitato, che era carbone. Materia trasfigurata in luce: prisma idoneo a riflettere le modulazioni luminose dello spettro.

1 – Analogía interessante: risonanza è parola che in greco si traduce CATECHESI: il metodo di risonanza della trasmissione orale consisteva presso i primi cristiani nel far risonare la voce. Il discepolo cosí istruito era il “risonato”, ossia il catechizzato.

2 – Si è molto discusso sugli acuti di testa e di petto. Famoso il do di petto di Duprez e il do diesis di Tamberlinck, due note che Rossini invitava i due tenori a lasciare in anticamera prima di visitarlo in salotto. Quel do di Duprez che fece risorgere il Guglielmo Tell all’Opera di Parigi sembrava – dice Rossini – il grido di un cappone che si sgozza. Ed è che l’acuto di petto<span”> è una nota emessa a squarciagola.

3 – Per rendere plastica, poetica, l’immagine si evochi la similitudine dantesca:
Come le pecorelle escon dal chiuso
a una a due a tre…
. . . . . . . . . . . .
e ciò che fa la prima, e l’altre fanno…

Testo estratto da Misteri della voce umana, Giacomo Lauri-Volpi, Milano, 1957. – Luca D’Annunzio.

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