Riflessioni sull'arte del canto

Giovanni Manurita:

Canto naturale, canto libero – Parte III

Avvertenza

Il presente opuscolo non è, ne può essere un «trattato di canto», ma può soltanto definirsi facile guida per chi vuole dedicarsi al canto o alla conoscenza di esso e per il raggiungimento dell’appoggio vocale libero, naturale. Ho di proposito, pertanto, stabilito di omettere la riproduzione di grafici delle parti anatomiche che costituiscono l’apparato vocale, e degli esercizi (vocalizzo, solfeggio cantato ecc.) di facile consultazione stante gli innumerevoli trattati esistenti.

Qualsiasi esercizio di vocalizzazione o di agilità o di solfeggio è buono, quando si sa ben respirare ed attaccare liberamente e con naturalezza il suono.

Il cantante

Oltre ad una buona voce, chi intende dedicarsi al teatro lirico, ha oggi, più che mai, assoluta necessità di possedere una discreta cultura, onde intendere, almeno, quello che canta e rappresenta, unita ad una prestanza fisica. 

Se nel passato, su queste due qualità: cultura e prestanza fisica si poteva sorvolare alquanto, e se anche oggi sussiste qualche cantante, anche celebre, sprovvisto di tali elementi, nei tempi moderni, col rapido progredire del cinematografo e della televisione, non è più tollerabile che l’artista lirico sia ignorante e semideforme. E poiché anche l’occhio oltre l’udito, vuole la sua parte, e da augurarsi che vengano fuori e si affermino cantanti bravi, colti e di buona figura.

Talento artistico

Una bella voce, ben messa, bene classificata, avrà successo se il talento l’aiuterà; senza talento artistico, che è innato, anche la più bella voce rimarrà allo stato di mediocrità; mentre una brutta e modesta voce, se accoppiata ad uno studio disciplinato e sapientemente condotto con talento intellettivo ed artistico, diventerà celebre.

La carriera sarà piena di gioie e di belle emozioni se una voce è in ordine e si ha talento artistico, ma se la voce è incerta, non classificata, e non si ha grande costanza e pazienza in uno studio serio, migliore cosa è smettere ed avviarsi nella vita ad altra professione.

Tecnica ed arte vocale

L’allievo, prima d’intraprendere lo studio, deve essere avviato alla visita scrupolosa e coscienziosa di un laringologo che constati la conformazione esatta e lo stato effettivo di salute del suo organo vocale. Indi, dalla prima lezione, è cosa indispensabile, abituarlo a respirare bene: questo esercizio può anche essere effettuato in posizione di coricato supino: consiste nel prendere fiato dal naso, ritenerlo per vari secondi, poi espirare gradualmente senza sbalzi, allargando la base del torace. Con tale esercizio si sviluppano i muscoli addominali che sostengono il diaframma e si può alternare a quello muscolo-facciale, che consiste nell’articolare con forza ed esageratamente pronunciando alto o sommesso, tutte le vocali: i, e, a, o, u, in modo che le mascelle, labbra e lingua compiano esattamente e con energia i movimenti che dette vocali impongono: tale esercizio fa acquistare grande mobilità ai muscoli facciali-linguali e del collo, ed è ottimo coadiutore della retta pronuncia.

Attacco del suono

Dopo questi esercizi, eseguiti in posizione dritta o in piedi, si deve passare all’attacco del suono; con la testa un poco sollevata, perché la faringe riceva in pieno le vibrazioni delle corde vocali, abbassare gradualmente la mascella inferiore, che comporta il simultaneo abbassarsi dei muscoli anteriori e posteriori della lingua (nei suoni bassi, la mascella inferiore ha il minimo di apertura; nei suoni alti, il massimo). In tal modo, il velo palatino si innalzerà, scomparendo quasi completamente, per formare un piano di sonorità con il palato duro.

Inspirare, quindi, come su è stato detto e poi emettere il suono con la vocale: a mentre l’allievo guarderà un poco in alto e un po’ lontano e sempre più, mano mano, che salirà di tono; solo così, l’aria emessa liberamente, divenuta suono, andrà lontana, con migliore rendimento e minore sforzo di chi la emetterà. Quanto meno forza ci sarà nell’emissione, tanto più lontana andrà la voce liberamente senza affaticare l’apparato vocale e potrà esercitarsi per molte ore, senza tema di diventar rauca.

Voce libera

Poiché il suono si produce per l’aria respirata compressa e sostenuta dal diaframma, senza ripercussione alcuna sulle corde vocali, il solo diaframma è obbligato a giocare ininterrottamente, mentre dura l’emissione del suono, producendo energia al suono, che si preoccuperà di cercare il punto di appoggio sopra-glottico donde nasce la voce libera, che si ottiene con uguaglianza perfetta, senza la preoccupazione di passaggi o cambi di registri; se penseremo di appoggiare il suono sostenuto dal diaframma nella fossa formata dal velo palatino, immediatamente soprastante (seni frontali), avendo cura di non irrigidire il collo, di non ritirare o indurire la lingua, avremo la voce libera che avrà migliore timbro, maggiore volume. Non mi stancherò di ripetere che l’allievo deve essere sempre in posizione naturale, disinvolta, quasi sorridente dalla nota più bassa alla più alta, pronunciando tutte le vocali e sillabe in tutte le tonalità con la stessa naturalezza del parlare.

Vocali e consonanti

Tutte le modulazioni foniche di una lingua sono prodotte dalle diverse combinazioni degli elementi che la compongono con due specie di segni chiamati: vocali e consonanti. 

Le vocali sono formate dalla semplice articolazione glotto-boccale, mentre le consonanti hanno bisogno dell’aiuto della lingua, dei denti e delle labbra. Nella nostra lingua le vocali sono graficamente: a, e, i, o, u; fonicamente, la e e la o si presentano con due diversi tipi: uno stretto o chiuso (é, ó) ed uno largo o aperto (è, ò), ma in ogni vocale sono numerose le sfumature del timbro. Le vocali si distinguono in chiare: i, e; scure: o, U. La vocale A è intermedia. Le vocali scure sviluppano i suoni gravi, le chiare sviluppano i suoni acuti: ciò non è tassativo, in quanto necessita l’esercizio su tutte le vocali. Le vocali (prodotte da atteggiamenti delle labbra, dalle pareti della mascella inferiore) durante l’emissione dei suoni, conferiscono a questi: carattere, colore; è, quindi, necessario poggiare la voce sulle vocali. Per formare la vocale a il suono passa sulla lingua distesa e la bocca bene aperta; per la e: le mascelle sono ravvicinate ed il passaggio della bocca è più piccolo; per la i il centro della lingua si abbassa di più per toccare i bordi dei denti inferiori, mentre le labbra sono appena aperte; per la o la lingua è abbassata e la punta di essa alquanto contratta, mentre le labbra formano un’apertura rotonda; per la u la lingua è abbassata come la a e l’apertura delle labbra è lieve: questa vocale esige grande sviluppo della cavità boccale.

Gli idiomi pieni di vocali sono più eufonici e quindi più adatti al canto, quelli ricchi di consonanti sono cacofonici.

Le consonanti del nostro idioma sono diciotto e sono stabilite in differenti classificazioni. Alcune consonanti derivano dal rumore che fanno pronunziandole, altre dagli organi che le compongono.

Labiali: b, p, m (le prime, b, p, si dicono anche esplosive); dento-linguali: d, t; dento-labiali: f, v; linguali palatali: l, n, r; gutturali: c, k, q; liquide: I; sibilante: s; quasi sibilante: z.

Le consonanti non vanno trascurate nello studio del canto; è necessario badare che si formino precise e che le sillabe prodotte in unione con le vocali siano bene scandite ed articolate.

La pronuncia retta (ortoepia) in chi canta o parla, deriva dalla buona articolazione delle consonanti ed il cantante deve controllarla al pari della intonazione.

Formazione mentale del suono

È indispensabile ripetere mentalmente la vocale che si vuole emettere cantando; la gola abbassandosi abbassa la laringe, cosa essenziale per chi canta. La posizione mentale delle vocali contribuisce in forma fondamentale all’attacco del suono: la voce nel canto diventa così più bella, e nello stesso tempo più rotonda e più sonora.

Una voce, anche forte e voluminosa deve, proporzionalmente, al suo volume, poter diventare malleabile e leggera; piegarsi al canto agile, al piano e pianissimo (smorzatura), così come i canoni del Bel Canto impongono. Si può facilmente superare ogni tessitura, se si studierà moltissimo e per molto tempo su esercizi e vocalizzi, prima di intraprendere lo studio delle opere.

Mentre Rossini diceva: «Voce, voce, voce». Simon Mayr aggiungeva: «La voce, caro mio, l’ha anche l’asino…». Ed il Rubini affermava: «Bisogna cantare sull’interesse per conservare il capitale». Tre massime da tenere costantemente presenti.

Testo estratto da Canto naturale, canto libero…, Giovanni Manurita, Roma, S. D. – Luca D’Annunzio.

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