Riflessioni sull'arte del canto

Gustavo Magrini:

Della pronunzia

Molto sarebbe da dire per quanto riguarda la pronunzia, perché, anche senza parlare degli stranieri che si accingono allo studio del canto nel nostro idioma, nella stessa Italia, dove parrebbe che la nostra lingua, dotata di tante proprietà armoniose, dovesse essere facile per il canto, non si trova una perfetta pronunzia, salvo nella fusione della toscana colla romana. Ma non è compito nostro entrare in questi particolari.

Parlando delle consonanti, ho già accennato qualcuno dei difetti che influiscono sulla buona pronunzia; ora intendo di dare uno sguardo sulla pronunzia in generale.

Pur avendo per massima di cantare sulle vocali, non appoggiando il suono sulle consonanti, queste devono risultare sempre chiare, in modo che chi canta deve far comprendere esattamente le parole che pronunzia anche cantando pianissimo.

Il canto dev’essere la “parola cantata” o resa suono come già dissi in principio di questo lavoro. 

Un cantante che, pur curando la melodia e dando a questa la massima espressione sotto l’aspetto puramente musicale, non sappia far sentire ben distinte le parole, non sarà mai un completo artista.

Egualmente, tutte le parole dovranno essere esattamente pronunziate secondo le leggi dell’ortografia e dell’ortoepia.

Testo estratto da Arte e tecnica del canto, Gustavo Magrini, Milano, 1905. – Luca D’Annunzio.

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