Gustavo Magrini:
Impostazione della voce III
Per l’emissione di tutte le vocali, la bocca dovrà conservare la sua forma ovale come per la vocale O, e negli esercizi d’impostazione devono venir adoperate tutte le vocali senza preferenza alcuna. In seguito, nei vocalizzi, si potrà limitare alquanto l’impiego della vocale U. La vocale A verrà usata di prevalenza soltanto nei principi per la ragione che nel diapason medio della voce è la più facile da emettere; essa infatti è il suono naturale che esce dall’organo vocale quando questo si trova in posizione di riposo e nella quale non viene impiegata nessuna energia muscolare. Impiegando tutte le vocali, si eviterà l’inconveniente che deriva dall’abuso della vocale A negli esercizi d’impostazione della voce, il quale fa sì che anche in cantanti già formati, le note di petto escono rantolate e quelle di testa stridule. Coll’impiego di tutte le vocali e colla loro neutralizzazione si otterrà la stessa capacità di espressione e robustezza di suono tanto col vocalismo chiaro quanto con quello oscuro e in tutti i dominii della voce.
Stabilita l’impostazione delle vocali sopra una serie di note centrali, si aggiungeranno gradatamente a queste, altre note della scala diatonica tanto verso gli acuti quanto verso i bassi fino ad ottenere un’estensione relativa. I suoni acuti si ottengono coll’esercizio e col tempo e non conviene mai aver fretta di raggiungere il massimo dell’estensione richiesta da una data categoria di voce; ciò potrebbe apportare dello sforzo nell’emissione e impedire lo sviluppo della voce così nell’estensione come nell’intensità.
L’esercizio per conseguire i suoni acuti dovrà essere fatto senza gridare. Si porterà la nota più bassa sulla più alta con dolcezza, aumentando dopo la pressione d’aria; dapprima facendo intervalli di III o di IV appoggiandosi, ossia partendo dalle note già impostate; in seguito per gradi congiunti. Dico prima per salti e poi per gradi congiunti perché io non sono d’avviso di far precedere questi a quelli, essendo molto più facile prendere una nota acuta.
La bocca conserverà la sua solita posizione ovale e soltanto nelle voci femminili, per maggior facilità, si potrà, da principio solamente, accennare leggermente il sorriso.
Tutte le vocali dovranno essere esercitate, cominciando dal A ed E; prima isolatamente poi passando da una all’altra gradatamente sulla nota più alta: partendo da un intervallo di terza o di quarta inferiore anziché da uno di seconda (un tenore p. es. eseguirà più facilmente il passaggio mi-la che non sol-la) e infine cambiando la vocale nel passaggio dal suono basso all’acuto.
In questa guisa non solo la voce non farà alcun sforzo, ma resisterà molto senza soffrire stanchezza e acquisterà flessibilità. Dopo i summenzionati esercizi, si potranno emettere i suoni acuti isolatamente, osservando nell’attacco del suono le norme già esposte per l’impostazione delle note centrali colle vocali A I U e tenendo sempre presente di frenare l’espirazione.
Questi esercizi non sempre si confanno specialmente per le voci maschili; in questi casi, per cominciare ad estendere la voce nelle note acute, sarà più efficace adoperare gli arpeggi e i salti di ottava col mezzo-forte. Ciò dipende dunque dalle voci, per ciascuna delle quali si adopererà quell’esercizio che più si ritiene adatto al fine di raggiungere i suoni acuti con facilità e purezza.
Le note che si adoperano in tutti gli esercizi d’impostazione della voce devono essere i gradi della scala naturale diatonica.
Meno alcune eccezioni, nelle quali, per speciali disposizioni e attitudini naturali, si può usare nell’impostazione tutte le note, ho potuto constatare per esperienza che lo scolaro, impostando la voce sui gradi della scala naturale diatonica, riesce a stabilire più facilmente una esatta intonazione e ritiene pure con maggiore facilità la posizione che deve dare all’organo vocale per ciascuna nota. La scala naturale diatonica, pur non essendo matematicamente perfetta, è una successione di suoni i quali segnano un passaggio fisso da una nota all’altra; il senso di essa, per atavismo, è innato nell’orecchio delle razze occidentali ed è la base di tutti gli assiomi del nostro attuale sistema musicale.
La scala cromatica invece non è perfetta e nemmeno naturale, e il passaggio fra una nota e l’altra non è sempre uguale, come può sembrare a prima vista a chi non consideri che il pianoforte, l’organo o qualsiasi altro strumento a note fisse.
Prendiamo ad esempio i semitoni Fa diesis – Sol e Sol bemolle – Fa. Il Fa diesis cerca la sua risoluzione sul Sol ed è più acuto del Sol bemolle che risolve sul Fa. La differenza che esiste fra il Fa diesis e il Sol bemolle si chiama comma e viene teoricamente dimostrata dai fisici colla formula 125/128. Gli strumenti meccanici o a note fisse non avvertono questa differenza essendo in essi ugual cosa il Fa diesis e il Sol bemolle, ma nel canto e negli strumenti ad arco la si fa sentire istintivamente, anche senza conoscerne le leggi, perché il nostro orecchio, come dice il Galli, è sempre il miglior legislatore in fatto di acustica.
Perciò affermo che lo studio iniziale fatto sulla scala cromatica, non apporterà mai risultati soddisfacenti, contribuirà anzi a creare incertezze d’intonazione, cose queste che si eviteranno del tutto, insistendo nell’impiego della scala naturale diatonica. Così pure sulle note della scala naturale diatonica io consiglio lo scolaro di accordarsi la voce.
Questi esercizi, fatti diligentemente, con riflessione, e attenendosi rigorosamente alle impressioni che il proprio udito riceve da ciascun suono, oltre a mantenere l’eguaglianza della voce in tutta l’estensione, renderanno sempre più stabile l’intonazione.
Un cantante, anche provetto, dovrebbe farli tutti i giorni prima di mettersi a cantare: eviterebbe così le dolorose, e purtroppo frequenti, sorprese di sentirsi calare la voce, o per meglio dire, di far sentire questo inconveniente a chi ascolta.
Testo estratto da Arte e tecnica del canto, Gustavo Magrini, Milano, 1905. – Luca D’Annunzio.