Gustavo Magrini:
Note aperte e chiuse
Parlando del timbro, abbiamo già notato che il discendere della laringe facilita l’emissione delle note acute e il rialzarsi quello delle basse. Da questi movimenti della laringe, derivano pure le note aperte e chiuse, per le quali si fanno tante questioni non sempre appropriate.
Ad eccezione delle note basse, che per natura sono un po’ aperte, nel canto, tutte le note in generale dovranno essere piuttosto chiuse perché aventi, in questa guisa, maggior rotondità e modulazione. Intendiamoci però, parlando di note chiuse, non voglio dire timbro oscuro; l’emissione delle vocali neutralizzate, come l’ho esposta, forzatamente deve produrre le note chiuse; che non sono altro che dei suoni rotondi, quelli cioè che costituiscono il vero canto, mentre per note aperte intendo i cosiddetti suoni naturali, quelli cioè non ancora neutralizzati e che si ottengono con la laringe rialzata. Perciò dapprincipio sarà opportuno escludere dallo studio l’uso delle note aperte, cantando, per quanto possibile, con la laringe abbassata; solamente per l’emissione delle note acute estreme, la laringe si rialzerà un po’. In questo caso, essendo le corde vocali molto accostate e tese, l’espirazione dovrà essere frenata più del consueto, per evitare un probabile scrocco della voce.
Lo studio delle note aperte sarà fatto più tardi dopo la neutralizzazione delle vocali; quando cioè si avrà uniformato il timbro della voce.
Delle note aperte non conviene fare uso nel forte perché rendono la voce aspra e volgare; esse si adoperano per certe espressioni come di disprezzo, di odio; nel registro di testa, ed anche di mezzo, si adoperano con molta efficacia per certe espressioni di affetto, dove però il grado dinamico sia il piano.
Giova notare ancora che in questo caso, le note aperte non si fanno se il passaggio o la frase è sillabata in tempo mosso, o per meglio dire, ogni sillaba è soggetta ad una nota di corto valore; le note aperte (sempre in certe espressioni e non dovunque) riescono più efficaci vocalizzando coll’A coll’E e coll’O.
Come dunque si è cercato di ottenere la neutralizzazione delle vocali e la fusione dei registri così non sarà meno importante, specialmente nelle voci maschili, cercare di ottenere tutte le gradazioni dalle note aperte alle chiuse e viceversa, per poter regolare il suono e le vocali a seconda del bisogno e dell’espressione e renderle atte a soddisfare completamente le esigenze estetiche dell’arte.
Se esaminiamo p. es. le voci di tenore e di basso, osserviamo che quando cantano rispettivamente le note di passaggio emettendo le vocali A È Ò non possono pronunziarle aperte o chiare come nelle note basse o nella altre, salvo facendo uno sforzo che non sarebbe naturale e che, oltre a rendere la voce gutturale darebbe un suono aspro e triviale, come un grido. Perciò queste note, emesse con le vocali A È Ò saranno forzatamente chiuse e oscure, rendendo molto palese la differenza del loro timbro da quello delle note che precedono le suaccennate. Ciò è causato dal fatto che la laringe, trovandosi alquanto rialzata per l’emissione delle ultime note del registro di petto, si abbassa improvvisamente quando le note entrano nel registro di testa. Come abbiamo già visto, è appunto a questo registro che appartengono le note menzionate.
Questo distacco di timbro si potrà benissimo eliminare oltre che coll’unione dei registri, anche coll’impiego delle diverse gradazioni tra vocale aperta e chiusa, servendosi anche qui, come per lo studio dei registri, del crescendo e del diminuendo.
Testo estratto da Arte e tecnica del canto, Gustavo Magrini, Milano, 1905. – Luca D’Annunzio.