Gustavo Magrini:
Tra scienza ed arte
La vecchia scuola di canto italiana che fin dal suo inizio, verso il 1600, per quanto si dica, trattava questo studio con giusti criteri scientifici, ci ha dato troppi preziosi consigli perchè io abbia la pretesa di dire cose nuove.
È stato anche scritto molto sulla fisiologia dell’Organo Vocale e tutt’ora celebri fisiologi non trascurano lo studio della voce in tutti i suoi più minuti particolari, ma trattando essi la materia molto scientificamente e rigorosamente, secondo me, non giungono alla portata di tutti, anche pel motivo che i trattati di fisiologia non hanno quella praticità richiesta da un metodo insegnato di Canto. Riguardo poi i metodi di canto, per quanto mi fu dato conoscere, o si limitano ai soliti e comuni esercizi di meccanismo, oppure, volendo trattare la materia estesamente, si diffondono e divagano in modo tale da perdere quella chiarezza tanto necessaria nell’ordine dello studio, senza poi contare che per quanto si riferisce a l’impostazione della voce presentano generalmente una certa deficienza e delle lacuna proprio laddove sarebbero convenienti maggiori schiarimenti. Io intendo semplicemente di spiegare con chiarezza e brevità come si debba insegnare l’impostazione della voce e di dare una guida pratica e razionale, per quanto riguarda l’arte e la tecnica, nello studio del canto.
Nelle lunghe e pratiche osservazioni fatte su scolari e cantanti, mi sono persuaso che nell’insegnamento si segue generalmente un metodo piuttosto empirico che razionale; a me pare che troppo leggermente e senza preparazione alcuna ci si metta a cantare e quel che è peggio ad insegnare il canto, per cui ne avviene che in questa classica terra dei suoni si guastino i bei doni di natura e si ottengano delle parodie di Arte in luogo di Arte vera.
In proposito, un’opinione un po’ strana (sia pur anche esagerata) ma che purtroppo è di attualità; la esprime il maestro tedesco Schmitt. Egli dice (volendo probabilmente alludere all’Italia) che i Conservatori e gl’insegnanti privati sciupano annualmente centinaia di voci, e stabilire che: su 100 individui viene rovinata la voce a 50, sotto la mediocrità rimangono 49, ne resta 1, il quale forse diventa un artista di fama. E bisogna ancora aggiungere che i Conservatori non accettano che scolari dotati di buoni mezzi vocali, e fra questi, coloro che nel corso dello studio non spiegano le volute qualità e l’intelligenza necessaria vengono mandati via. La stessa opinione è condivisa da George Armin in una sua raccolta di polemiche sull’Arte del canto, dove pure non risparmia acerbe critiche sui vari sistemi e metodi d’insegnamento.
Benchè la Germania in fatto di cantanti non possa certo vantarsi perchè, è cosa ormai nota, essi hanno generalmente le voci impostate male e per aria, è tuttavia mestieri riconoscere che in Italia si studia molto meno che in Germania, cominciando dai maestri che non studiano affatto e vanno innanzi a tastoni commettendo errori imperdonabili.
Non vanno dimenticati pure i cantanti i quali col pretesto che l’Arte si impara per imitazione, si credono capaci d’insegnare e condannano tutte le teorie scientifiche, basandosi esclusivamente su pretesi istinti naturali (!), sulla propria voce e sulla pratica acquistata nel cantare. Anzitutto osserverò che ogni voce differisce dall’altra e, specialmente nei principi, esige un trattamento diverso; e in quanto alla pratica, questa non sarà certo sufficiente, per raggiungere quella meta che si richiede in Arte, senza lo studio e l’esperienza acquistata nell’insegnare.
Perchè si possa constatare un vero progresso artistico nello studio del canto, è necessario indagare la natura dello strumento (mi si permetta di chiamare così la gola umana) dalla quale lo studio ha avuto principio, analizzarne le proprietà ed esperimentare tutti i mezzi di farlo valere affinché l’Arte non devii dal fine voluto, quello cioè di dilettare con la voce.
Dalle leggi di natura l’artista non può, non deve andare a ritroso, perchè esse sono costanti; potrà variarle tutto al più e temperarne in certo qual modo la rigidità; qualora le circostanze speciali individuali lo richiedano. Nella voce più che mai, le leggi di natura e la logica delle esperienze devono essere scrupolosamente seguite; il proprio gusto giudizio, essendo soggettivo è facile agli errori e al vizio.
Le parole: emissione, impostazione, appoggio della voce ecc., ecc. sono tutte espressioni che vengono adoperate troppo di frequente senza conoscere il valore e i mezzi per attenere in realtà; altro è parlare di impostazione della voce, altro è impostare una voce! Tutto ciò va a discapito di chi studia il canto e non succederebbe se si ricorresse un pochino alla genesi della musica, alle vera sorgente del canto, e cioè alle cognizioni scientifiche che da essa si attingono: fisiologia, acustica, fonologia.
Lo studio razionale delle funzioni dell’organo vocale e di tutti i principi scientifici che a questo si riferiscono, è un coefficiente di grandissima importanza per la didattica del canto. Per essi, oltre alla certezza di seguire una via giusta e logica, si riuscirà assai più facilmente a rilevare ed a scoprire i difetti, e si troveranno i mezzi per correggerli.
Lo studio del canto dev’essere dunque Arte e Scienza nello stesso tempo, ma questa scienza non deve consistere soltanto nell’applicare all’arte i trattati di fisiologia o di anatomia. Non si deve tormentare lo scolaro con teorie trascendentali o stravaganti, obbligandolo a studiare prima le posizioni dell’organo vocale per poi emettere i suoni corrispondenti, oppure sottoporlo a degli esperimenti adoperando strumenti quali laringoscopie, generatori della voce, rettificatori della voce o stupidi espedienti, come il pezzetto di legno o il sughero fra i denti ecc., ecc. In questa maniera, se non si rovineranno del tutto le voci, si otterranno dei cantanti rigidi, schiavi dei loro movimenti, dei cantanti la cui forza mentale verrà tutta adoperata per dar questa o quella posizione alla lingua, al velo palatino ecc., ecc., limitando l’arte ad un complesso di sforzi localizzati. Il cantante dovrà essere completamente libero da qualsiasi sforzo o preoccupazione per meglio esprimere i sentimenti della parte che rappresenta; così pure egli sarà castigato, ma scevro da scolastiicismo.
La così detta scienza applicata all’arte del canto deve consistere in un sistema d’insegnamento razionale e profondo, che abbia per base non soltanto di far aprire bene la bocca e cacciar fuori il suono intonato, bensì il modo di respirare bene, di ottenere rotondità e pastosità di suono, uniformità di timbro, flessibilità di voce e correttezza di pronunzia, con volontà cosciente e cognizione di causa, anche da parte dello scolaro.
Naturalmente, tutti questi principi, che io chiamo scientifici, vanno osservati specialmente nell’inizio dell’educazione della voce, e precisamente prima che il canto diventi Arte, perchè quando il cantante dovrà preoccuparsi del senso di quello che canta e della interpretazione, per estrinsecare la sua parte, non potrà più badare esclusivamente all’atteggiamento della bocca e delle altre parti dell’organo vocale, ma questo atteggiamento, diventato ormai buona abitudine, gli verrà spontaneo e naturale. In caso diverso, il cantante non sarebbe più un vero artista bensì una macchina.
In quanto alla fisiologia, nome reboante, che ha coperto e copre tuttora, disgraziatamente, molte ignoranze e vanità, io sono del parere che debba essere studiata dal maestro, ma che non debba essere argomento di studio per lo scolaro cantante. Il maestro non ne saprà mai troppo, e per rendersi ragione dei fatti naturali che avvengono nello sviluppo della voce degli scolari e per dare spiegazioni, incidentalmente, intorno ai fenomeni vocali; la teoria non deve mai precedere la pratica, sebbene la pratica dare occasione di risalire alla teoria.
Testo estratto da Arte e tecnica del canto, Gustavo Magrini, Milano, 1905. – Luca D’Annunzio.