Hipólito Lázaro:
Consigli per giovani cantanti V
Non affrettarti verso il debutto, è meglio aspettare così che potrai cantare per molti anni. Dal debutto dipende la tua lunga o breve vita artistica, quindi poni tutta l’attenzione su quello che ti dico. La paura ti dimostrerà che non sei sicuro di quello che farai al tuo debutto. Questo sentimento, ovviamente, ti dimostrerà che non sei pronto.
Al contrario, se ti senti sicuro di te stesso, senza alcuna preoccupazione, potrai affrontare il pubblico per la prima volta, senza paura e con serenità. Quella notte indimenticabile, rafforzerà la tua futura professione. Sarà la consacrazione della tua vita teatrale e fino alla fine della tua esistenza continuerai a esibirti, se prima non ti cacciano, naturalmente.
Certo, questi consigli li do a quelle persone che godono di buon giudizio, perché ci sono persone che hanno la testa piena di uccellini e quelle non pensano né meditano per niente, su quello che sto dicendo.
Per testimoniare quello che ti dico, ti racconterò alcuni fatti di mania, pazzia o come vuoi chiamarla, di certi individui che quando iniziano a studiare diventano maniaci o diffidenti e lo dimostrano in innumerevoli dettagli, anche se alla fine si lasciano ingannare, dal primo che passa.
Trovandomi a cantare al Metropolitan Opera House di New York, ho assistito alla mania di un collega, che come me aveva cantato in quel teatro, ossia quella di testare i discepoli per sapere se possedevano le facoltà necessarie per la professione. Li faceva stendere a terra e poi gli metteva quattro o cinque spartiti sul petto, facendoli vocalizzare per un po’. Certo, questo «maestro» istruiva tutti i suoi allievi, semplicemente perché pagavano una grande quantità di dollari; approfittando della loro ignoranza li «prendeva in giro».
Gli faceva anche ispirare dalla bocca l’aria che contenevano le bottiglie vuote dell’acqua italiana chiamata San Pellegrino, pensando che ingoiassero l’ossigeno dell’Italia, in modo da ottenere una voce migliore. Per ogni bottiglia faceva pagare un dollaro e mezzo. Era così furbo che quando gli artisti dell’opera, dopo aver osservato le sue manipolazioni con gli incauti studenti, ridevano prendendolo in giro lui e le sue procedure. Fingeva di farci credere che fosse vero tutto quello che faceva. Era sicuramente un tipo sveglio e molto simpatico.
Di seguito narrerò di un altro caso, anch’esso molto interessante, affinché i miei lettori e studenti non smettano di stupire la loro buona fede. A Milano vi era un tenore che studiava il canto, tra l’altro è morto con problemi psichiatrici. La cosa più impressionante era che anche sua moglie era stata contagiata dalle sue manie e ogni giorno le faceva bollire una gallina, riducendo il brodo alla stretta quantità di una tazza di tè, e le diceva: «Prendi questa tazza di brodo, e vedrai la voce che avrai oggi». Povera donna e povero uomo!
Per evidenziare la follia di certi cantanti, anche quando hanno già conquistato la celebrità, narrerò di un altro fatto curioso. C’era un tizio che cantava da baritono, anche se lo aveva già fatto da tenore, che si impegnò a voler imitare Titta Ruffo; naturalmente, finì per non essere né carne né pesce. L’infelice voleva battere il colosso Titta. Quel tipo un giorno andò alla galleria Vittorio Emanuele -luogo di riunione degli artisti- e incontrò il capo della claque del teatro alla Scala. Lo avvicinò per parlargli male di tutti, questa era una delle sue caratteristiche più rilevanti, fino a quando non è stato interrotto da un accesso di tosse. Il suo interlocutore, per deriderlo, le disse: «Come è possibile che un artista come lei abbia la tosse? Non sa che può perdere la sua bella voce? Si rechi immediatamente alla farmacia Zambelleti per comprare una bottiglia di creosoto!». L’infelice andò subito ad acquistare questo sciroppo; si recò a casa sua e velocemente deglutì l’intero contenuto in un unico sorso. Logicamente, si intossicò. Quando si sentì male, uscì per la strada indossando i pantaloni senza cintura, agguantandoli con la mano. Salì su un’auto e in pochi istanti si trovò al consolato del suo paese; chiese di parlare con il console e una volta davanti a lui, non gli venne in mente altro che dire che: «era andato lì per morire sul suolo della propria patria». Il console, che era un gentiluomo dal temperamento delicato e dalla salute fragile, essendo a conoscenza di quello che sarebbe successo, cominciò a gridare, tale da far accorrere i vicini delle case adiacenti. In tutto questo, il console continuava a chiamare gli ospedali per mandare un’ambulanza, mentre il malato giaceva sul pavimento lamentandosi amaramente e dicendo che voleva morire lì. Finalmente arrivò un’ambulanza ma poi sorse un altro problema, il pazzo non voleva muoversi e essendo un uomo muscoloso e forte, gli infermieri hanno dovuto lottare per immobilizzarlo e portarlo in ospedale, dove gli fecero una lavanda gastrica. Quando, dopo qualche giorno guarì, lasciò l’Italia. Questo soggetto era un avvocato, ma il canto gli ha sconvolto il giudizio, perché con quest’arte non ci sono titoli che valgano. Chi ha una tale mania è irrimediabilmente perso. Non ho più saputo più nulla di lui.
Trovandomi a dare consigli e a raccontare aneddoti continuerò: Ci sono un’infinità di principianti che senza riflettere, si lanciano a debuttare incantati della vita, perché hanno la sfortuna di trovare uno di quei truffatori che vanno in giro offrendo la gloria e il successo ai cantanti novellini, con l’unico scopo di incassare soldi. E nel momento della verità, cosa succede? Che tali imbroglioni li fanno debuttare, si tengono i soldi, per quanto scarsi siano – poichè si accontentano di poco -, li presentano al debutto, che sarà un insuccesso, perché non gli fanno eseguire le prove sufficienti e inoltre è lo «zimbello», per tutta la vita, dei suoi nemici e anche di quelli che spesso si fanno passare per amici, dicendo di loro: «Poveri ragazzi, sono pazzi per il teatro!», ecc. E la conseguenza di questo primo passo falso causa la tragedia più grande della loro vita, perché in questa professione ci vuole molto denaro per studiare e la maggior parte delle volte viene intrapresa con l’aiuto dei loro familiari e se dopo questo investimento l’unica cosa che si ottiene è un fallimento, il resto della vita sarà destinato ad ascoltare i rimproveri e la stessa solfa: «Che peccato; se non avessi speso i soldi risparmiati per noi nella tua mania del canto, ora avremmo tutto l’oro del mondo!».
Testo estratto dal metodo Mi canto, Hipólito Lázaro, Barcellona, 1947.