Leone Giraldoni:
Considerazioni sull’arte melodrammatica – Parte II
Pittore vivo dell’umana natura in sè stesso l’artista incontrerà l’oggetto principale de’ suoi studii, ed il germoglio della sua scienza. Se è vero che egli debba a sua volontà riprodurre fedelmente l’immagine delle passioni che lo hanno commosso senza che egli sia presentemente sotto l’impero di esse, deve perciò essere egli stesso il punto di convergenza dalle costanti sue osservazioni.
L’arte non è una semplice e fredda imitazione nella natura, ne è bensì una rappresentazione idealizzata; e colui che non possiede quella scintilla vivificante capace di creare e d’imprimere un carattere speciale ad una produzione, non sarà mai che un vile imitatore, incapace d’infondere nell’animo altrui la benchè minima emozione.
Si dota gratuitamente del nome di artista tutti coloro che esercitano un’arte qualunque. Nella sua vera attribuzione però la parola artista significa interprete e sacerdote dell’arte: colui in una parola che dedicandosi al culto ed all’incremento dell’arte sua, anima colla favilla del suo genio ogni concepimento di cui deve essere l’interprete, come Pigmalione animò l’inerte marmo col fuoco derubato dal cielo.
Per poter aspirare a portare meritevolmente questo nome nell’arte melodrammatica, è d’uopo armarsi di gran volontà e d’instancabile costanza, perchè non è che dopo un assiduo ed indefesso studio, che il cantante potrà sperare di essere distinto in mezzo al gregge dei sedicenti artisti. Il principiante per quanto abbia naturale ingegno e invidiabili doti di voce ed intuizione drammatica, incontrerà sempre nei primi suoi passi mille ostacoli che la sua volontà sola saprà superare mediante una costante applicazione delle proprie facoltà.
Prima però di porre il piede sulla scena consiglierei all’artista di studiare almeno i principii di ognuno dei rami il di cui assieme costituisce la base inevitabile nell’educazione dell’artista melodrammatico. Sono pochi gli artisti che si presentano in teatro per la prima volta, che abbiano almeno una superficiale conoscenza dei requisiti necessari all’arte loro. Chi si fida sulla propria voce, chi sul modo di cantare ed acciecati così da una stolta presunzione sulla propria persona e sui proprii meriti chiudono essi stessi il varco al progresso. Così muoiono tanti talenti appena sbucciati per aver voluto presumere troppo dalle proprie forze e vegetano tutta la loro vita imputando a tutti, fuorchè a loro stessi, la cagione della loro sventura. Non si nasce artista, si nasce con sentimento del bello che caratterizza eminentemente l’artista; si nasce anche, lo ripeto, con immensi doni impartiti della natura, ma l’artista non s’improvvisa. È d’uopo di molti e molti anni di studio per sviluppare e perfezionare queste invidiabili doti, prima che l’artista possa dirsi padrone dell’arte sua. Lo studio assiduo e la costante osservazione della vita che lo contorna, sono i soli mezzi che potranno lasciargli sperare di raccogliere un giorno una meritata palma e farlo godere di una non compra ed invidiabile fama.
Tutti gli artisti, chi più chi meno, hanno dovuto attraversare periodi di crepa cuori e di disgusti tali, che fu d’uopo della loro volontà energica per non abbandonarsi ad un tale scoraggiamento. Chi non conosce, p. e., i primi passi del celebre Rubini nella carriera teatrale, quando venduto all’impresario Barbaia in Napoli assumeva una parte di secondo tenore, e si vide levato di scena come incapace di sostenere una parte secondaria? Chi avrebbe mai creduto allora che questa così detta nullità artistica, doveva un giorno rivoluzionare l’arte musicale con la favilla del suo genio, e la possanza de’ doni invidiabili compartitigli dalla natura e sviluppati dall’arte? Nozzari, che lo sentì, seppe però riconoscere le potenti risorse che nascondevansi sotto quella apparenza di nullità, e per non defraudare l’arte di un così sublime portento, lo prese ad istruire infondendo in lui la scienza che a sì alto grado egli possedeva. Ma per quante peripezie non ebbe egli da passare prima di poter raccogliere dalle sue costanti fatiche e dai suoi coraggiosi sforzi, il benché minimo guiderdone! Non si scoraggì, lottò con perseveranza e seppe infine vincere tutti gli incessanti ostacoli che lo inciampavano nella via che doveva più tardi condurlo all’apice dell’universale fama.
Duprez, quell’artista completo per eccellenza, non venne egli creduto inetto e giudicato come tale dal pubblico di Parigi al suo primo debutto al Teatro dell’Odéon? Chi avrebbe mai potuto supporre allora che quello stesso che abbandonava Parigi per recarsi in Italia, non lasciando di sè che trista ricordanza, come tenore di mezzo carattere, doveva tornarvi qualche anno dopo a detronizzare Nourrit! Nourrit, l’idolo del pubblico parigino alla Grand’Opera, che da quindici anni non si stancava di festeggiare! Anche egli ebbe naturalmente molto da soffrire dovendo lottare contro una prevenzione generale che tutta era in favore di Nourrit, siccome attore per eccellenza, cantante espressivo ed accurato, dotato di una magnifica presenza che maggiormente dava risalto alle parti da lui interpretate. Ma Parigi rimase attonito, quando senti quel modo ampio di fraseggiare i cantabili, quella declamazione espressiva, quello stile largo ed elevato, quella pronunzia vibrata e quella emissione prettamente italiana. Per cui il trionfo di Duprez nella sua apparizione nel Guglielmo Tell fu tale che non si rammenta l’uguale negli annali del teatro dell’Opera. Ma quanto avrà dovuto egli studiare prima di poter raccogliere il minimo conforto! Da quanti disgusti e tribulazioni non furono attraversati i primi suoi passi!
Potrei citare così mille esempi simili, ma questi basteranno per provare a quanto possa giungere una volontà energica nello studio dell’arte melodrammatica. Possono tali esempi infondere nel cuore degli artisti volenterosi il coraggio e la costanza necessaria a vincere gli inevitabili ostacoli che intoppano sempre i primi passi, nella carriera artistica.
Il maggior guiderdone che raccoglier possa l’artista nella sua professione, è senza dubbio la testimonianza del generale aggradimento del pubblico; ebbene, se v’ha una cosa fatale per chi principia la carriera, ella è precisamente quella soddisfazione che risente l’artista nel vedersi applaudito; perchè molte volte invece di ricevere tal favore come segno di incoraggiamento e di stimolo a continuare maggiormente nei suoi studii, s’accieca talmente il suo amor proprio, che per poco che v’abbia la vanità preso radice, crede di già saperne abbastanza per abbandonare ogni ulteriore studio.
Altre volte l’artista piegasi servilmente al gusto depravato di un pubblico ignorante, per ottenere la soddisfazione di vedersi festeggiato. Questa la chiamo prostituzione dell’arte. Come dissi anteriormente, l’artista deve essere il Sacerdote della sua arte, e come tale cooperare all’educazione del pubblico, dirigendo verso il bello artistico il di lui sentimento e buon gusto. L’artista che cerca l’effetto plateale, abdica le sue sovrane prerogative e disgraziato colui che volontariamente si lascia trascinare dalle soddisfazioni dell’amor proprio, o dalle ostentazioni vanitose di un meritato trionfo.
Consiglio dunque, ai giovani artisti, a non avere altro in vista ne’ loro primi passi sulla scena, che il progredimento nell’arte loro; tutte le loro facoltà sieno rivolte a questo scopo unico; così cerchino di arricchire il loro repertorio, accettando parti serie, semiserie e buffe quando anche non si sentissero capaci di poterle eseguire; non pensino al presente, ma bensì al benefizio futuro che fanno, capitalizzando giorno per giorno l’avvenire, mediante uno studio indefesse e quotidiano.
Non trascurino le occasioni di udire gli altri artisti buoni o cattivi che sieno; i primi per imparare a perfezionarsi, gli altri per evitare di cadere nei loro difetti.
Che sieno ben guardinghi a non lasciarsi trasportare dalla foga del sentire. Che si rammentino che all’artista necessita tanto l’espressione, quanto il sentimento; queste due facoltà sono interamente distinte, attesochè si può sentir molto e non saper esprimere nulla, e viceversa. Quello che necessita all’artista per raggiungere il suo scopo che è di commuovere, è sopratutto l’espressione. Cosa particolare ad osservarsi egli è, che, più l’artista sarà padrone di sè per dominarsi, più grande sarà l’effetto sul pubblico. Guai all’artista che si lascia dominare dal sentimento che vuole esprimere! Non si può essere nel medesimo tempo dominato e dominatore, per cui se l’artista che dominar deve il pubblico che lo ascolta, sentesi dominato sia dalla paura, sia dalla foga del proprio sentire, l’effetto sarà mancato perchè starà o al di là o al di qua del vero. L’effetto non si raggiunge se non si è puramente nei limiti del vero; e per essere nel vero è mestieri saper domare il sentimento e frenarlo a volontà. La testa deve essere la guida del cuore, che deve saper dirigere sia trattenendo, sia lasciandogli libero il corso. Si crede generalmente che basti sentire per esprimere; confondendo così in una sola, due facoltà affatto speciali e distinte. Credo averne detto abbastanza per combattere quest’errore così generalmente accettato.
Ora che ho toccato, benchè leggermente, tutti gli elementi che concorrono alla formazione dell’artista melodrammatico, lascio ad altri la cura di estendersi in modo più particolarizzato, sopra ognuno di questi differenti rami. Ho voluto semplicemente richiamare all’attenzione dei giovani artisti che si sentono vocazione per sì nobile arte, molti principii che, secondo me, sono indispensabili alla loro educazione.
Mi chiamerò ben felice se avrò potuto contribuire a risvegliare dal torpore qualche animo scoraggiato, oppure a dare ad altri l’idea di svolgere meglio di me il risultato di nuove investigazioni sul terreno dell’arte melodrammatica, al quale dedicai tanti anni di mia vita. Possano i frutti della mia esperienza approfittare ad altri, dotando l’Italia, mia patria adottiva, di nuovi e celebrati artisti che perpetuino la lunga leggenda degli eletti ingegni di questa classica terra del canto e dell’armonia.
Testo estratto da Guida teorica – pratica ad uso dell’artista cantante, Leone Giraldoni, Milano, 1884. – Luca D’Annunzio.