Riflessioni sull'arte del canto

Leone Giraldoni:

Considerazioni sull’arte melodrammatica – Parte I

Si è molto scritto sulla Poesia, sulla Pittura e generalmente su tutte le belle arti, ma poco anzi quasi nulla, sull’arte melodrammatica presa nel suo complesso. Eppure se vi è un’arte che dia campo a nuove investigazioni, certo ch’ella è quell’arte sublime che riassume in sé stessa i limiti della Pittura e della Poesia, essendo più di esse linguaggio veritiero delle passioni ed affetti del cuore umano. 

Non pretendo ora, dando questi brevi cenni agli artisti melodrammatici, presentar loro un trattato completo dell’arte, sì che possa pienamente rispondere a tutte le esigenze; però credo aver toccato quasi tutti i punti essenziali e più indispensabili alla formazione di un artista completo. Non basta per essere artista l’avere una bella voce, o essere un buon attore; ciò che dinota il vero artista, si è la conoscenza profonda ed intima di tutti gli elementi che concorrono all’arte sua, e non qualche dote di cui la natura possa averlo favorito.

E come potrà un artista aver piena conoscenza di tutte le risorse con cui possa far valere i propri mezzi se ignora il primo punto di partenza; cioè la conoscenza intima del proprio istrumento? Qualunque cantante è atto a cantare quando stia bene di voce; ma questo appena basta per un dilettante. L’artista (previo il caso di seria affezione degli organi vocali) deve essere sempre in grado di spiegare innanzi ad un pubblico qualunque, le proprie facoltà artistiche. Soltanto per mezzo dell’arte potrà giungere a lottare contro la natura stessa, obbligata a curvarsi innanzi alle sue risorse. È dunque indispensabile a colui che intende dedicarsi all’arte melodrammatica, di cominciare i suoi studi sotto l’egida  di un maestro il quale sia profondo conoscitore dell’arte di cui deve palesare i secreti.

E qui è mestieri accennare l’assurdo costume che prevale nella nostra società riguardo agli studi del canto; non vi sarà alcuno che volendo imparare a suonare il violino si dirigga ad un maestro di pianoforte; ebbene, sembra affatto naturale l’affidare la coltura di una voce ad un maestro che non solo ne sarà assolutamente privo, ma che ignorerà perfino i primi rudimenti dell’arte del canto, e le prime regole per la formazione e l’educazione di una voce; e tutto ciò perchè questo maestro sarà molto erudito nel contrappunto, oppure andrà famoso come pianista. Qui intendo parlare della generalità, conoscendo molti maestri privi di voce che hanno reso grandi servizii all’arte melodrammatica dando al Teatro artisti di vero merito. 

La voce anch’essa è un istrumento che possiede le sue regole invariabili; regole che non sarà mai dato di conoscere a chi non ne abbia fatto un coscienzioso e particolare studio. Un maestro qualunque potrà bensì dirvi se tale suono sia rauco, debole, aperto, chiuso, stonato, di gola, di naso, ecc.; ma se egli non avrà fatto studi particolari sulla voce, come potrà insegnarci il modo di correggere i vostri naturali difetti? Qualunque maestro potrà bensì esercitare il vostro gusto; o con puntatore adattare meglio una parte ai vostri mezzi naturali; e farvi anche riuscire cantante di buono stile; però ciò non basta. Se voi non avete avuto principii retti ne’ vostri primi studi, sarete continuamente impedito nell’esercizio dell’arte vostra. I maestri in generale hanno il comune difetto di non estirpare anzitutto, quei primi e naturali difetti che snaturano l’emissione semplice del suono, base essenzialissima per il cantante; e credono, anzi sono persuasissimi, che non si possono infrangere senza pericolo, quelle che essi chiamano leggi di natura, e che il più della volte non sono che vizi di natura, ponendo così in non cale i mezzi onnipotenti che l’arte offre a colui che abbia ricevuto da Dio una volontà decisa ed un’intelligenza elevata. Da tale assurdità provengono tante voci difettose che ogni giorno si odono sulle scene. Non potrei dunque insistere abbastanza nel raccomandare vivissimamente il più scrupoloso discernimento nella scelta del maestro, che indirizzare deve, ne’ primi principii, la voce. Da questo primo passo alle volte dipende il fortunato od infelice esito di un artista nella sua carriera, se la natura non lo abbia dotato di tali qualità di cuore e d’intelligenza, da far dimenticare i difetti della voce. Sembra incredibile come il maestro, che non dovrebbe curarsi nell’educazione della voce che della parte materiale, vi ponga sì poca cura, e si dia tanta premura invece d’inculcare al suo allievo il proprio modo di sentire, unica cosa, credo, che non si possa trasmettere. I nostri antichi cantanti avevano più buon senso di noi altri su questo particolare; ed i Nozzari, Crescentini, Righini, Garcia, ecc. ne fanno particolare fede. E di fatti questi maestri che tutti furono rimarchevoli cantanti facevano passare ai loro allievi anni interi negli studi materiali della voce, non curandosi che della parte meccanica della gola, persuasi che vinta quella difficoltà ed ammaestrata la voce a tutte le risorse dell’arte, il cantante potesse proseguire da sè stesso nell’incominciato cammino. Vi sono certamente alcune voci che hanno ricevuto dalla natura stessa tali prerogative da poter essere ammaestrate da chicchessia, facendo così la fama del maestro senza sua colpa, però sono assai rare. Il caso pure, alcuna volta, viene in aiuto allo scolaro, il quale senza sapersene rendere conto, incontra un bel giorno insoliti effetti di sonorità nella sua voce; ma per lo più non sono che lampi, di cui non saprà approfittare formandosi per mezzo di una pratica ragionata una sicura teoria. 

Io mi limito con questi brevi consigli ad accennare alle persone che si vogliono dedicare allo studio dell’arte melodrammatica, quali sieno i requisiti indispensabili per poter sperare d’innalzarsi almeno al disopra di quelle migliaia dei così detti artisti, che vegetando tutta la vita nell’esercizio di questa professione, che per loro non è altro che un mestiere al pari di qualunque, bestemmiano contro la fortuna od il destino che li dimentica quando dovrebbero invece accusare la loro nullità, ignoranza, o temeraria presunzione. 

 

Testo estratto da Guida teorica – pratica ad uso dell’artista cantante, Leone Giraldoni, Milano, 1884. – Luca D’Annunzio.

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