Leone Giraldoni:
Studio costante dell’emissione vocale
Cantar di petto è la sola emissione che deve adottare il cantante teatrale, siccome la più corretta e la più naturale, benchè forse la più rara; ciò proviene dalla poca cura che hanno generalmente i maestri d’insistere abbastanza nello studio primitivo della semplice emissione vocale, fintantochè non sieno sicuri di aver procurato il vero punto d’appoggio, alla voce loro affidata. Perchè vi sono tante voci difettose? Perchè non si studia abbastanza il primo punto di partenza, che è la qualità dell’emissione semplice. Fino a che vi sieno difetti da estirpare nell’emissione della voce, non si deve pensare ad altro studio, perchè, anzichè giovare, potrebbe recare irreparabili danni. La prima cosa da studiare è dunque l’estirpazione dei naturali difetti. Una volta ottenuto questo scopo, tutto il resto rimane molto più facile. Chiunque possiede una certa voce è suscettibile di migliorarla assai mediante uno studio intelligente e coscienzioso; anzi, può giungere a cambiarla in suo vantaggio in modo quasi irriconoscibile e ardisco asserire che i vantaggi che la voce può acquistare con l’arte e lo studio, resistono maggiormente ai deterioramenti che arreca il tempo, che le doti vocali compartite soltanto dalla natura stessa.
L’esercizio dell’emissione semplice basta da sè solo ad inculcare alla voce un modo di essere; da lui solo può dipendere la buona o cattiva qualità del suono, perchè è la base di ogni esercizio vocale. Difatti, la prima cosa che colpisce quando si sente un cantante, è la qualità della sua voce; qualità che influisce moltissimo sull’esito suo. È d’uopo quindi non cercare di anticipare sugli studi vocali, fino a che non siasi ben sicuro di una buona emissione. Per quanto sia difficile lo svolgere per iscritto il modo con cui si deve emettere il suono, cercherò però alla meglio di indicare quali sieno gli effetti esterni di una emissione retta e naturale. È riconosciuto che ogni tensione di muscolo proviene da uno sforzo; ogni sforzo poi porta seco la fatica; la gola del cantante avendo bisogno sempre di tutta la sua energia ed elasticità, è d’uopo naturalmente di evitare tutto ciò che possa indebolire od affievolire le parti che concorrono all’azione sua. La prima precauzione alla quale deve badare un cantante, si è di cominciare ad emettere il suono colla massima naturalezza possibile, occupandosi più di tutto della qualità che della quantità del suono. La voce ben presto acquista volume ed intensità allorquando si è trovato il suo vero punto d’appoggio. Si deve cantare senza verun sforzo, se si vuole che la voce abbia spontaneità e riesca simpatica; e quando dico senza verun sforzo, non intendo soltanto parlare della soverchia pressione del petto, altresì di ogni tensione de’ muscoli della gola. La voce ottenuta con tali mezzi stanca ben presto la gola, e si va incontro a disastri irreparabili; oltrecchè la voce non potrà mai riuscire gradita e simpatica.
Per emettere un suono bello ed omogeneo bisogna: 1° Abbassare leggiermente e senza sforzo la laringe, un poco al di sotto della sua posizione naturale; 2° Tenere il velo palatino inclinato in modo che il suono non vada soltanto a colpire le pareti della bocca, ma abbia altresì da partecipare del rimbombo della faringe che leva al suono lo stridulo che acquista dall’appoggio al petto, e lo rende rotondo ed omogeneo. La lingua dev’essere nel suo stato normale con un leggiera incavazione nel mezzo. La bocca naturalmente mezz’aperta e trasversalmente come mossa da un leggiero sorriso, lasciando scoperta in parte la dentatura; ciò che dà alla bocca grazie e disinvoltura. Sarebbero inutili tutte queste raccomandazioni, se l’allievo possedesse già, o potesse facilmente trovare, il vero punto d’appoggio della sua voce, giacchè tutte queste indicazioni non sono la causa di una buona emissione, ma bensì l’effetto. Rimane al buon senso dello scolaro di saper mettere in pratica ciò che per iscritto non posso indicargli che come teoria. Devo poi raccomandare allo scolaro di tornare frequentemente a questo primo studio, affinchè si assicuri bene che la voce sua non acquista nuovi difetti con altri esercizi, che se riescono più graditi e meno fastidiosi, non sono di tanta importanza. Consiglio dunque di cominciare ogni esercizio con questo preventivo studio.
Il suono, in principio non dev’essere filato; bisogna attaccarlo con un leggiero colpo di gola a guisa di aspirazione, mantenendo nella stessa forza e senza cercare altro che il suo punto d’appoggio. Sarà dopo molto facile il filarlo quando l’emissione semplice sarà assicurata; e di ciò riparlerò nei seguenti capitoli.
La vocale A è quella che devesi adottare per lo studio; però devesi evitare di emetterla troppo chiusa o troppo aperta. L’uno o l’altro sarebbe difettoso; il chiuso e l’aperto essendo soltanto effetti drammatici di cui è buono servirsi a tempo e luogo, ma che diventerebbe difetto se l’uno o l’altro servisse di base all’emissione vocale; avremo occasione di riparlarne nel capitolo che riguarda i timbri.
Si potrà però nello studio, quando si crederà necessario far cambiare all’allievo la vocale che deve servire di base all’emissione semplice onde modificare artificialmente il suono nell’intento di estirpare qualche difetto naturale. Per cui se l’allievo avesse per vizio di cantare con voce troppo aperta, consiglio al maestro di cercare (coll’artifizio delle vocali più chiuse, come la O ed anche la U) di modificare il suono dell’emissione finchè l’allievo possa rendersene padrone in modo sicuro. La U è agevolissima per ottenere la ripercussione del suono verso la testa.
Con una emissione difettosa si va incontro a difficoltà insormontabili, o anche a disastri che in poco tempo mettono il cantante in istato di non poter più adoperare i suoi naturali mezzi. Quasi tutti i cantanti di gola appoggiando la loro voce nell’estremità della laringe, ossia epiglotta mediante l’avvicinamento de’ pilastri del velo palatino fanno soffrire a queste parti molto sensibili di loto natura, una continua irritazione, che loro cagiona frequenti infiammazioni di gola, oltre ad una continua apprensione sulla loro voce, perdendo così quell’indispensabile franchezza necessaria ad un artista per palesare le doti del suo naturale ingegno. Oltre a questi deplorabili risultati, la voce, appoggiata in gola, procura facilmente una stanchezza soverchia, giacchè quella continua tensione delle pareti interne, leva alla voce la necessaria energia ed elasticità. Eppure la maggior parte dei cantanti ha questo difetto, che diventa poi talmente costituzionale, che un incessante studio non basta ad estirparlo; quando invece poco avrebbe costato se fosse stato curato fino dal principio. Questo fatale punto d’appoggio procura al cantante frequenti raucedini, tossi convulsive, che invadono alle volte fino ai bronchi e può portare nella salute deplorabili conseguenze. Non esagero dicendo che una delle cause principali della perdita di tante voci proviene generalmente da questo funesto sbaglio, o da una imperdonabile negligenza. Non potrei dunque abbastanza insistere nel raccomandare a’ giovani che voglionsi dedicare allo studio dell’arte melodrammatica, a ben curare i primi passi che faranno, e frenare il naturale desio che li spinge tutti, a voler anticipare sul progressivo studio, per procurarsi il diletto di esercitare la loro voce con pezzi di canto, che se riescono di maggior sollazzo, potrebbero però chiudere loro per sempre la strada al progredimento nell’arte alla quale si dedicano. Lo stesso succede in tutte le arti; si vedono, per esempio, quelli che studiano il disegno, voler subito abbandonare lo studio primitivo de’ principii per esercitarsi in composizioni intere. Il progresso vuol essere graduato. Gli artisti melodrammatici non si possono improvvisare. È d’uopo quindi di molti anni di costante e coscienzioso studio per poter pretendere al titolo di artista completo. Non aspiri dunque lo scolaro a far più del dovere; sarà questo il più sicuro mezzo per isperare di occupare un giorno un posto fra gli eletti dell’arte.
Testo estratto da Guida teorica – pratica ad uso dell’artista cantante, Leone Giraldoni, Milano, 1884. – Luca D’Annunzio.