Riflessioni sull'arte del canto

Lilli Lehmann:

La tecnica vocale del tenore

Sotto questo profilo, il miglior cantante del periodo berlinese di cui mi ricordi e Theodor Wachtel. Con la sua voce magnifica riuniva in sé tutta l’Arte del canto che oggi sembra essere scomparsa. Quanto erano belle le sue colorature; i suoi trilli erano semplicemente impeccabili. Fraseggio, potenza, pienezza del suono e bellezza erano perfetti, musicalmente irreprensibili. Il suo repertorio non andava a oltre a Brown, Stradella, Vasco, Postillon e Lyonel, perché sapeva bene che non era all’altezza dello spirito di Wagner, e in questo è stato molto intelligente. Dotato di una voce educata in modo eccellente che ha mantenuto fino alla fine dei suoi giorni, uno dei massimi artisti del canto, Wachtel ha sempre meritato la mia più grande ammirazione e approvazione, al contrario di molti altri cantanti che si credevano tanto più grandi, ma che non erano assolutamente in grado di competere con lui.

Recentemente il tenorino italiano Bonci ha suscitato in me una viva ammirazione per la sua voce meravigliosamente omogenea, la perfetta Arte del canto e la conoscenza del proprio materiale vocale. Nonostante il suo fisico minuto, ha saputo interpretare grandi ruoli seri, riscuotendo plausi unanimi e cordiali. Non potrebbero dunque anche i tenori tedeschi imparare a cantare bene quando interpretano Wagner? Non avrebbero forse il dovere, proprio nei confronti di questo Maestro, di imparare a non usare la voce in modo così sconsiderato? Non è forse irrispettoso verso i nostri grandi Maestri cantare evitando continuamente belcanto, trilli e colorature? Bisogna aver misurato le difficoltà dell’Arte del canto per capire il giusto e prezioso valore. Solamente allora si vedono chiaramente quali doveri ci si è assunti, verso la propria Arte e verso il pubblico.

Riconoscere una difficoltà rende lo studio doppiamente affascinante; scaldare faticosamente un’ardua vetta, che nessuno può appianare per noi, vuol dire aver raggiunto già un traguardo.

Le voci in cui prevale la risonanza del palato, e quindi la forza, sono le più difficili da guidare e da mantenere in salute. Sono comunque chiamate voci di petto. La straordinaria forza e la pienezza del suono nella zona media sono sì seducenti, ma raramente si trova a qualche persona saggia disposta a rinunciare, anche solo per poco tempo, a tale eccesso di pienezza a favore della voce di testa, cioè di un utilizzo e mantenimento della voce che non siano pericolosi. Grandi mezzi vocali dovrebbero essere sottoposti impunemente al pubblico solo dopo un lungo e irregolare periodo di studio e quindi di grandi fatiche.

Il puro suono di testa non mescolato alla risonanza del palato, da vicino, sembra privo di forza, ma è in grado di risuonare e di correre come nessun altro. La risonanza del palato, non mescolata a quella delle cavità della testa (cioè alla voce di testa) rendi suoni molto forti da vicino, ma sordi in uno spazio più ampio. Questa è la prova che ogni suono richiede la corretta mescolanza.

Testo estratto da Il canto: arte e tecnica, Lilli Lehmann, 1922. A cura di Valentina Valente. Traduzione di Elvira Carlotti. – Luca D’Annunzio.

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