Riflessioni sull'arte del canto

Manuel García:

Disposizioni per lo studio del canto teatrale

 

Nell’accingerci ad esaminare le qualità più necessarie all’allievo, noi avremo in mira il cantante che vuol dedicarsi alla carriera teatrale. Un tal allievo dovrà non solamente riunire quelle doti intellettuali che por lo possano in istato di soddisfare a tutte le esigenze della critica più severa, ma la sua complessione ancora dovrà esser tale da poter sostenere tutte le fatiche che l’attendono nell’esercizio dell’arte sua.

Le più felici condizioni intellettuali sono: una vera passione per la musica, l’attitudine ad afferrare e nettamente imprimere nella memoria le melodie e le combinazioni armoniche, un’anima espansiva unita ad uno spirito vivo ed osservatore. Riguardo poi alle disposizioni fisiche, metteremo in primo luogo la voce, che deve essere sicura, simpatica, estesa e forte: poscia il vigor della complessione che solitamente non si scompagna dalle accennate qualità dell’organo.

Chi vuol elevarsi al posto di artista distinto dev’essere così organizzato: ma non credasi però che per quanto rara sia la riunione di tutti questi doni naturali, basti da sola a costituire il vero talento. Le più belle disposizioni hanno d’uopo d’essere nella loro applicazione coltivate e dirette da uno studio lento e ragionato. Un cantante che non conosca le sorgenti degli effetti e i secreti dell’arte, non è che un talento incompleto, un semplice consuetudinario.

Non basta imbeversi superficialmente di qualche nozione musicale: gli artisti non s’improvvisano; non si formano anzi che assai lentamente: bisogna che il talento loro si sviluppi di buon’ora col mezzo di un’accurata educazione e di ben applicati studi. Basterà una parola sola sui vantaggi d’una solida istruzione; ed è, che un artista il cui intelletto non fosse stato coltivato, assai difficilmente riuscirebbe ad abbracciare l’insieme d’una parte, a comprenderne l’ importanza e scoprirvi quei tratti caratteristici che danno un vero ed original marchio al personaggio del dramma.

L’educazione che spetta dunque al cantante componesi dello studio del solfeggio, di quello d’uno strumento, e dello studio infine del canto e dell’armonia. Anche la conoscenza di quest’ultima è indispensabile; poichè è per essa che, senza bisogno di maestro, può il cantante da sè solo adattare le differenti tessiture alla sua voce, ornare la musica, sempre rispettando il carattere che le è dovuto, farne risaltar le bellezze, e corroborare col proprio il genio del compositore. Basta la cognizione dell’armonia a metterlo in istato di variare i suoi canti senza apparecchiarvisi dapprima, tanto per ravvivarne l’effetto, quanto per ischivare con arte la difficoltà di qualche passo nei casi in cui una subitanea indisposizione lo privi di una parte dell’estensione della sua voce.

Il che succede ben sovente nella carriera teatrale: ed è allora che si giudica e si scopre il sapere dell’esecutore, e guai per lui in tali congiunture s’ei non è che un semplice orecchiante. Avviene allora che privo di una parte de’ suoi mezzi, e pressato dalla circostanza, non fa sentire che imperfettamente il pensiero del compositore, oppure anche lo sfigura affatto volendo cambiarlo, esponendosi in ambi i casi alle beffe di chi l’ascolta.

Occorre spesso di dover esser forniti del più fino discernimento per riconoscere nell’organo dell’allievo le qualità di cui pur possiede il germe: trovandosi non rado queste qualità medesime o non sviluppate, oppure velate da numerosi difetti, dai quali è necesario purgarle.

Il punto essenziale sta nel constatarne da principio l’esistenza : provata questa, pazienti o razionali studi perverranno sempre a compierne lo svolgimento.

Esaminate le voci in istato naturale, trovansi quasi sempre rozze, ineguali, mal ferme, tremolanti, stentate e poco estese: il solo studio, ma studio acconcio ed indefesso, varrà a renderle intonate, a depurarne i colori ed a perfezionare l’intensità ed elasticità del suono. Mercè lo studio togliessi l’asprezza, si correggono le incoerenze d’registri, riunendo i quali aumentasi l’estensione della voce. Lo studio farà pur aquistare l’agilità, qualità in generale assai trascurata. Severi esercizi devono domare non soltanto gli organi ribelli, ma anche quelli che, trascinati da troppa e dannosa facilità, non possono signoreggiare i movimenti. Questa facilità apparente si trova unita alla mancanza di precisione, di tenuta, di sicurezza e di larghezza; in una parola, alla mancanza di tutti gli elementi dell’accento e dello stile.

Non si giudichi degli allievi troppo severamente, anche se si presentano sotto infausti auspici. I soli difetti che devono togliere ogni speranza sul loro avvenire, sono: Intelligenza limitata; Voce ed orecchio falsi (1); Voce, in parte, od interamente, rauca o tremante.

L’allievo, che ha questo difetto, sia costantemente, sia dopo breve esercizio, lascia pochissime speranze.

Quegli poi, al quale anche dopo esserglisi operata interamente la mutazione, rimane una voce esile, ineguale e debole, deve rinunziare alla professione di cantante. Altrettanto dicasi di chi ha la gola costantemente infiammata. Riscontrasi sovente in questa parte un’ipertrofia considerevole delle tonsille, sì che la voce non tarda risentirsi di questo stato malaticcio, benchè la laringe ed i polmoni si conservino perfettamente sani; difatti è falso il credere, come si fa generalmente, che a dare una voce ferma e piena basti un petto robusto: ben altrimenti; si esige che tutti gli organi della voce siano ugualmente vigorosi.

Rinunci pure al canto ogni individuo di complessione debole e valetudinaria, riuscendo impossibile all’artista di delicata salute comunicare al canto quell’energia che è il primo carattere della passione.

(1) Questa imperfezione non prova nè l’inattitudine a formar de’suoni giusti, nè una viziosa conformazione dell’orecchio che gli impedisca di distinguere con precisione i suoni; essa dinota soltanto un’insufficiente intelligenza musicale. È cosa evidente del resto che non devesi concepire una sfavorevole prevenzione contro un allievo il quale nello studio de’ primi esercizi non canti intonato. Tale difetto non devesi in alcun caso dichiarare incorreggibile se non dopo qualche mese d’infruttuosi tentativi.

Testo estratto dal trattato completo dell’arte del canto di Manuel García, tradotto in italiano da Alberto Mazzucato, Ricordi Milano, 1842 -1847.

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