Toti Dal Monte:
Lo studio del canto
A qualcuno apparirà forse superflua o addirittura anacronistica la pubblicazione di queste brevi pagine: come riportare alla luce un fossile di ère remote, vestigia di civiltà sepolte e non più rinnovabili. Ma la realtà dell’odierna situazione del teatro lirico, particolarmente nel campo più vocale, s’incarica di smentire il giudizio: questa pubblicazione è tutt’altro che « archeologica ».
Tra le varie diagnosi che ormai da tempo immemorabile si formulano a proposito dell’inveterata crisi del teatro lirico, quella che riguarda il canto — fattore primo e insostituibile del melodramma— è indubbiamente la più problematica e d’importanza fondamentale. Perché la crisi del teatro lirico è innanzitutto crisi del canto operistico. E dato che, fino a prova contraria, questo teatro è in prevalenza legato indissolubilmente al repertorio melodrammatico italiano (e anche straniero, almeno per quella parte che ha acquisito i caratteri della nostra vocalità), è evidente che sono sempre attuali i problemi e le necessità connesse all’efficienza tecnica e stilistica della voce che quel repertorio richiede, perché sia adeguatamente affrontato e apprezzato. Tanto più che oggi, da più parti, si lamentano addirittura difficoltà e ostacoli nel trovare artisti all’altezza di sostenere i ruoli del melodramma rossiniano, donizettiano, belliniano, verdiano.
Ma la radice della crisi del canto operistico è in primo luogo nella scuola, nell’insegnamento, nei metodi didattici, o meglio, per dirla con assoluta franchezza, nella totale mancanza o insufficienza di metodo e di disciplina tecnica che si riscontrano in non poche scuole di canto nostrane. È triste dover rilevare che spesso ritroviamo nei cantanti stranieri quelle peculiarità tecniche che sono state per lunga tradizione vanto e orgoglio della nostra « scuola ». Non si combatte la tanto deplorata invadenza dei cantanti stranieri soltanto con i sindacati. La battaglia si deve affrontare e vincere innanzitutto nelle aule dei Conservatori, per non parlare dei casi molto più numerosi degli insegnanti privati.
Comunque è certo, anche se può sembrare paradossale, che i teatri lirici incontrano le maggiori difficoltà proprio nella realizzazione vocale del grande repertorio melodrammatico. Perché mai? Molto semplice. Perché purtroppo le scuole di canto, nella massima parte, trascurano o ignorano quel filone della tradizione tecnico-vocale che è implicita a quel repertorio. Di tale tradizione questo opuscolo vuole essere un’umile testimonianza, i cui titoli di merito vanno ascritti allo insegnamento di una celebre cantante e insigne artista, Barbara Marchisio, erede dell’arte vocale rossiniana e della quale l’autrice di queste righe è stata non indegna allieva. Non ritengo quindi presuntuoso o inutile richiamare l’attenzione di insegnanti e di cultori di canto e dei cantanti stessi su questi vocalizzi — già in tutto o in parte inclusi in un’antica pubblicazione curata dalla medesima Marchisio ma da tempo purtroppo introvabile — che hanno costituito la base primaria della mia impostazione tecnico-vocale. Debbo a essi, appunto, la sicurezza, la precisione e la naturalezza che sono state generalmente riconosciute alle mie esecuzioni.
Chi saprà superare di volta in volta le graduali difficoltà che contraddistinguono questi esercizi, potrà poi far fronte a qualsiasi pagina operistica, dalla più semplice alla più ardua. Con la loro assidua applicazione la voce può acquistare la tranquillità di emissione e la sicurezza consentono l’esecuzione e l’interpretazione di qualunque passo vocale, per difficile che sia.
È noto infatti che in generale nelle scuole di canto gli esercizi vocali´ si limitano soltanto a qualche scala e a qualche arpeggio, quando è altrettanto noto che la vocalità dell’opera drammatica esige un’estesa gamma di risorse e di capacità tecniche alle quali quegli esercizi così limitati servono a poco o a niente. Viceversa i vocalizzi che qui si presentano, con uno scopo beninteso orientativo, se eseguiti secondo le corrette regole della respirazione, dei fiati e della emissione a suo luogo illustrate, forniscono la base indispensabile, assoluta per disporre dell’anzidetta gamma e quindi per adeguarsi alle esigenze di quella vocalità. È quasi superfluo avvertire che questi vocalizzi, come forse qualcuno potrebbe sospettare, non sono destinati soltanto alle proprietà vocali del soprano lirico e leggero, qual è stata l’autrice, ma a tutti i tipi di voci maschili e femminili (salvo quegli esercizi specificamente indicati per la « coloratura » e per l’agilità ). Insomma questi vocalizzi si possono considerare come una serie di « schemi » o di « modelli » che poi l’insegnante adatterà all’estensione e ai requisiti vocali di ciascun allievo.
Anche per questo motivo non si è ritenuto necessario determinare e circoscrivere le trasposizioni sulla scala semitonale di ogni vocalizzo: l’insegnante potrà stabilire per suo conto tali trasposizioni a seconda dell’estensione che via via, con l’applicazione costante, la voce dell’allievo riuscirà sempre più a migliorare e ad ampliare. Gli esercizi sono disposti in ordine progressivo di difficoltà. In ogni modo la massima parte dei vocalizzi perseguono uno scopo comune: il legato, oggi il più delle volte trascurato, che garantisce omogeneità e uguaglianza all’intera gamma della voce e mezzi espressivi appropriati allo stile e all’interpretazione delle nostre grandi opere del passato.
Inoltre per alcuni esercizi sono prescritte le intensità di suono (f e p, crescendi, diminuendi ecc. ecc.) per allenare utilmente l’allievo nel controllo dei fiati e del colore di voce, in luogo dell’indifferenziato cui è dannosamente abituato nei vocalizzi di uso corrente.
Non ho la pretesa con questo opuscolo di far scoprire mondi nuovi né di offrire un metodo infallibile per costruire nuovi astri canori. Sono semplicemente convinta, sulla scorta di una lunga e ricca esperienza, di poter dare un contributo non disprezzabile all’individuazione e alla rivalutazione di certe elementari basi tecniche che sole possono costituire il punto di partenza per avviare a soluzione la crisi di uno dei nostri più gloriosi patrimoni musicali: il canto melodrammatico.
Testo estratto da Vocalizzi, Toti Dal Monte – Luca D’Annunzio.